MGDL e dintorni

Nuove ipotesi su nesonimi e toponimi del Mediterraneo alla luce delle lingue e delle culture mediorientali

Nonfiction, Social & Cultural Studies, Social Science, Human Geography, Reference & Language, Language Arts, Linguistics, History
Cover of the book MGDL e dintorni by Gian Carlo Tusceri, Condaghes
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Author: Gian Carlo Tusceri ISBN: 9788873569015
Publisher: Condaghes Publication: January 16, 2016
Imprint: Language: Italian
Author: Gian Carlo Tusceri
ISBN: 9788873569015
Publisher: Condaghes
Publication: January 16, 2016
Imprint:
Language: Italian

La curiosità per il significato dei toponimi e per i motivi che li hanno giustificati nel tempo, in particolare per quelli più criptati, attira da tempo immemorabile l’interesse degli studiosi, in particolare di dilettanti che, senza alcuna informazioni di tipo linguistico, si sono occupati dell’etimologia, procedendo ad orecchio. La ricerca etimologica richiede innanzitutto un metodo di indagine, per cui all'interpretazione si arriva non già sulla base di semplici assonanze con parole della propria o di altre lingue, bensì per ricostruzione scientifica, là dove possibile, dello spirito originario enucleato dalla comunità proponente.
Occorre dunque uno sforzo per miscelare in un unico sistema di ricerca protostoria, storia, geografia, sociologia, antropologia, e finalmente linguistica, o meglio ancora, archeolinguistica.
Si deve – a parere di Gian Carlo Tusceri – arrivare, procedendo a ritroso nel tempo, alla riconduzione del significato sul significante che lo ha prodotto, per uno scopo ben preciso. Da ogni sito, così come da ogni oggetto che ci circonda, promana un messaggio inequivocabile che, travolti dalla civiltà dei consumi (compresi quelli pseudoculturali di massa) spesso non udiamo più, o fraintendiamo.
Dando uno sguardo a una qualunque carta del Mediterraneo, ci accorgiamo che vi abbonda una certa quantità di isolette denominate Toro, Vacca, Pollo, Pecore, Cavallo, Bisce, Serpenti, Capre, Cervi, Asini. Questa coincidenza mi ha sempre incuriosito, fin da quando ero bambino e sentivo e leggevo in merito le spiegazioni più ridicole. Cavallo, perché i banditi rubavano i cavalli e li sbarcavano nelle isolette per farne contrabbando. Il toro era l’isola dove l’animale veniva relegato prima della monta. Le vacche si sarebbero chiamate così per la forma delle isole, così come pure le capre talvolta. I cervi erano gli scogli o gli speroni rocciosi costieri che gli animali raggiungevano in Gallura, provenendo dall'interno della Sardegna, magari fermandovisi poi di vedetta. Queste assurdità gridavano da troppo tempo vendetta. Occorreva un libro che esaminasse le ultime teorie in materia e spiegasse i toponimi, partendo dal punto di vista dei primi naviganti, degli esploratori, degli occupanti, in base alle reali caratteristiche del luogo, perché chi fosse arrivato dopo di loro, potesse riconoscerli.

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La curiosità per il significato dei toponimi e per i motivi che li hanno giustificati nel tempo, in particolare per quelli più criptati, attira da tempo immemorabile l’interesse degli studiosi, in particolare di dilettanti che, senza alcuna informazioni di tipo linguistico, si sono occupati dell’etimologia, procedendo ad orecchio. La ricerca etimologica richiede innanzitutto un metodo di indagine, per cui all'interpretazione si arriva non già sulla base di semplici assonanze con parole della propria o di altre lingue, bensì per ricostruzione scientifica, là dove possibile, dello spirito originario enucleato dalla comunità proponente.
Occorre dunque uno sforzo per miscelare in un unico sistema di ricerca protostoria, storia, geografia, sociologia, antropologia, e finalmente linguistica, o meglio ancora, archeolinguistica.
Si deve – a parere di Gian Carlo Tusceri – arrivare, procedendo a ritroso nel tempo, alla riconduzione del significato sul significante che lo ha prodotto, per uno scopo ben preciso. Da ogni sito, così come da ogni oggetto che ci circonda, promana un messaggio inequivocabile che, travolti dalla civiltà dei consumi (compresi quelli pseudoculturali di massa) spesso non udiamo più, o fraintendiamo.
Dando uno sguardo a una qualunque carta del Mediterraneo, ci accorgiamo che vi abbonda una certa quantità di isolette denominate Toro, Vacca, Pollo, Pecore, Cavallo, Bisce, Serpenti, Capre, Cervi, Asini. Questa coincidenza mi ha sempre incuriosito, fin da quando ero bambino e sentivo e leggevo in merito le spiegazioni più ridicole. Cavallo, perché i banditi rubavano i cavalli e li sbarcavano nelle isolette per farne contrabbando. Il toro era l’isola dove l’animale veniva relegato prima della monta. Le vacche si sarebbero chiamate così per la forma delle isole, così come pure le capre talvolta. I cervi erano gli scogli o gli speroni rocciosi costieri che gli animali raggiungevano in Gallura, provenendo dall'interno della Sardegna, magari fermandovisi poi di vedetta. Queste assurdità gridavano da troppo tempo vendetta. Occorreva un libro che esaminasse le ultime teorie in materia e spiegasse i toponimi, partendo dal punto di vista dei primi naviganti, degli esploratori, degli occupanti, in base alle reali caratteristiche del luogo, perché chi fosse arrivato dopo di loro, potesse riconoscerli.

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