È Manzoni il grande nevrotico della letteratura italiana dell’Ottocento: crisi di panico, svenimenti e agorafobia lo tormentarono per tutta la vita. Di questi mali, don Lisander incolpava l’immaginazione troppo viva, che gli faceva vedere pericoli inesistenti se si fosse avventurato negli spazi aperti. Manzoni, però, temeva i frutti dell’immaginazione anche in un altro campo, quello in cui viene ritenuta indispensabile: persino nella creazione artistica, nella scrittura del romanzo occorreva secondo lui tenersi lontano dai capricci dell’invenzione e affidarsi piuttosto all’appoggio sicuro del dato storico. Questo libro racconta come, a poco a poco, la storia abbia sottratto nell’autore dei Promessi Sposi ogni spazio all’arte, fino a condannarlo al silenzio.
È Manzoni il grande nevrotico della letteratura italiana dell’Ottocento: crisi di panico, svenimenti e agorafobia lo tormentarono per tutta la vita. Di questi mali, don Lisander incolpava l’immaginazione troppo viva, che gli faceva vedere pericoli inesistenti se si fosse avventurato negli spazi aperti. Manzoni, però, temeva i frutti dell’immaginazione anche in un altro campo, quello in cui viene ritenuta indispensabile: persino nella creazione artistica, nella scrittura del romanzo occorreva secondo lui tenersi lontano dai capricci dell’invenzione e affidarsi piuttosto all’appoggio sicuro del dato storico. Questo libro racconta come, a poco a poco, la storia abbia sottratto nell’autore dei Promessi Sposi ogni spazio all’arte, fino a condannarlo al silenzio.