Author: | Ottaviano Del Turco, Francesco Giulio Farachi, Massimo Rossi Ruben, Daniele Serafini | ISBN: | 9788849299861 |
Publisher: | Gangemi Editore | Publication: | February 3, 2016 |
Imprint: | Gangemi Editore | Language: | Italian |
Author: | Ottaviano Del Turco, Francesco Giulio Farachi, Massimo Rossi Ruben, Daniele Serafini |
ISBN: | 9788849299861 |
Publisher: | Gangemi Editore |
Publication: | February 3, 2016 |
Imprint: | Gangemi Editore |
Language: | Italian |
Da cosa trae ispirazione un dipinto? Da un paesaggio ammaliato, dal desiderio di fermare l’attimo fuggente, di interpretare il favor optimi temporis, di assecondare uno stato d’animo nel fervore del genio, “ispirato”, appunto. E un componimento in versi? Cosa ispira una poesia? Un tramonto, diremmo banalmente. Magari l’esito felice di un “m’ama-non m’ama” con una margherita. Può aiutarci talvolta la forma delle nuvole o l’osservazione di certi fenomeni naturali, quali un arcobaleno o il sole che filtra dall’alto. Ma c’è poi lo spleen, quella condizione irripetibile dello spirito che produce estro e creatività, autentico gorgo di emozioni e malinconie timorate che accompagna fatalmente le giornate di certi artisti. È proprio lo spleen che potrebbe aver orientato Pasquale Nero Galante e Angelo Andriuolo (che muovono – è importante chiarirlo – da linguaggi ed ambiti espressivi diversi, seppur tradizionalmente contigui) verso l’oplà di una produzione – pittorica l’uno e letteraria l’altro – di interessantissima convergenza. Utile si rivelerebbe indagare nei rispettivi vissuti e ricercare i motivi di queste straordinarie affinità, che sembrano indirizzare verso un comune prodigioso sentire. Emerge invece che i due artisti (ci soccorre in tal senso il suggestivo racconto di Ottaviano Del Turco, che apre la pubblicazione) non si erano mai relazionati sui rispettivi intenti produttivi. Non nasce – dunque – la poesia di Andriuolo a commento delle opere di Nero Galante, né i lavori di Nero Galante offrono l’ambientazione ai versi di Andriuolo. Ancorché palesino a più riprese un rimando di immedesimazioni le due produzioni nascono infatti autonomamente e si rivelano insolitamente complementari l’una all’altra, consimili nel taglio narrativo e affini nel fluxus metaforico dei contesti. Si tratta dunque di parallelismi concatenanti, alieni nelle rispettive intuizioni generatrici, eppure l’uno monitore dell’altro di annotazioni che all’occhio attento si rivelano l’inaspettato commento didascalico del corrispondente. L’arte del resto – sotto forme varie e contraddittorie – è il passepartout ideale per alleggerire tormenti ed ansietà. Anche dello spleen.
Da cosa trae ispirazione un dipinto? Da un paesaggio ammaliato, dal desiderio di fermare l’attimo fuggente, di interpretare il favor optimi temporis, di assecondare uno stato d’animo nel fervore del genio, “ispirato”, appunto. E un componimento in versi? Cosa ispira una poesia? Un tramonto, diremmo banalmente. Magari l’esito felice di un “m’ama-non m’ama” con una margherita. Può aiutarci talvolta la forma delle nuvole o l’osservazione di certi fenomeni naturali, quali un arcobaleno o il sole che filtra dall’alto. Ma c’è poi lo spleen, quella condizione irripetibile dello spirito che produce estro e creatività, autentico gorgo di emozioni e malinconie timorate che accompagna fatalmente le giornate di certi artisti. È proprio lo spleen che potrebbe aver orientato Pasquale Nero Galante e Angelo Andriuolo (che muovono – è importante chiarirlo – da linguaggi ed ambiti espressivi diversi, seppur tradizionalmente contigui) verso l’oplà di una produzione – pittorica l’uno e letteraria l’altro – di interessantissima convergenza. Utile si rivelerebbe indagare nei rispettivi vissuti e ricercare i motivi di queste straordinarie affinità, che sembrano indirizzare verso un comune prodigioso sentire. Emerge invece che i due artisti (ci soccorre in tal senso il suggestivo racconto di Ottaviano Del Turco, che apre la pubblicazione) non si erano mai relazionati sui rispettivi intenti produttivi. Non nasce – dunque – la poesia di Andriuolo a commento delle opere di Nero Galante, né i lavori di Nero Galante offrono l’ambientazione ai versi di Andriuolo. Ancorché palesino a più riprese un rimando di immedesimazioni le due produzioni nascono infatti autonomamente e si rivelano insolitamente complementari l’una all’altra, consimili nel taglio narrativo e affini nel fluxus metaforico dei contesti. Si tratta dunque di parallelismi concatenanti, alieni nelle rispettive intuizioni generatrici, eppure l’uno monitore dell’altro di annotazioni che all’occhio attento si rivelano l’inaspettato commento didascalico del corrispondente. L’arte del resto – sotto forme varie e contraddittorie – è il passepartout ideale per alleggerire tormenti ed ansietà. Anche dello spleen.