Direttive Comunitarie e insolvenza del datore di Lavoro

Nonfiction, Reference & Language, Law, Labour & Employment
Cover of the book Direttive Comunitarie e insolvenza del datore di Lavoro by Emanuela Della Vecchia, GRIN Verlag
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Author: Emanuela Della Vecchia ISBN: 9783656244530
Publisher: GRIN Verlag Publication: July 26, 2012
Imprint: GRIN Verlag Language: Italian
Author: Emanuela Della Vecchia
ISBN: 9783656244530
Publisher: GRIN Verlag
Publication: July 26, 2012
Imprint: GRIN Verlag
Language: Italian

Doctoral Thesis / Dissertation from the year 2006 in the subject Law - Civil / Private / Industrial / Labour, grade: 105/110, University of Rome 'La Sapienza' (Arbeitsrecht), language: Italian, abstract: Nel trattare la presente materia, occorre prendere l'avvio dalla Convenzione di Bruxelles del 1968, sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze sia in campo civile che in campo commerciale. Detta Convenzione sulle procedure di insolvenza, elaborata in sede di Consiglio dell'Unione Europea, ha costituito il punto di arrivo di una lunga e laboriosa evoluzione, sviluppatasi attraverso più fasi, ciascuna segnata da accesi contrasti dottrinali in seno ai vari comitati di lavoro. Questo scontro di idee è derivato dal fatto che, l'approccio verso un istituto come le procedure concorsuali, radicato sul criterio della territorialità, ha risentito delle modifiche intervenute in ambito comunitario e dei diversi comportamenti degli Stati membri: quello aperto e disponibile dei Paesi fondatori (Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo); quello più attento verso nuove iniziative incidenti sul concetto di sovranità, della Comunità dei Nove (Danimarca, Irlanda e Regno Unito); ed infine, dopo il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, quello variegato e complesso dell'Unione Europea. La Convenzione in parola ha consentito un'ampia libertà di circolazione in tutto il territorio comunitario, dei provvedimenti giudiziari pronunciati dai giudici dei Paesi membri, evitando così l'ordinaria procedura codicistica della delibazione delle sentenze straniere. Ma ciò che desta sempre più interesse, è il sempre più intenso dialogo istituzionale fra giurisdizioni nazionali e la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, dialogo reso possibile attraverso lo strumento processuale tipico, previsto dall'art. 177 del Trattato: norma che obbliga i giudici nazionali aventi competenza terminale, a rivolgersi a quella Corte ogni volta che occorra verificare la portata ed il senso di una disposizione comunitaria, riservata ai fini del decidere. Il lungo e laborioso travaglio subito dalla Convenzione, si è svolto attraverso più fasi, delle quali la prima ha avuto inizio negli anni '60. Nell'ottobre 1959 la Commissione (C.E.E.) invitò i sei Paesi comunitari ad avviare negoziati, allo scopo di formulare regole unitarie sul riconoscimento e sull'esecuzione delle decisioni giudiziarie, per dare attuazione al precetto dell'art. 220 del Trattato di Roma, il quale stabilisce per gli Stati membri, l'obbligo di porre in essere 'la semplificazione delle formalità', cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie.[...]

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Doctoral Thesis / Dissertation from the year 2006 in the subject Law - Civil / Private / Industrial / Labour, grade: 105/110, University of Rome 'La Sapienza' (Arbeitsrecht), language: Italian, abstract: Nel trattare la presente materia, occorre prendere l'avvio dalla Convenzione di Bruxelles del 1968, sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze sia in campo civile che in campo commerciale. Detta Convenzione sulle procedure di insolvenza, elaborata in sede di Consiglio dell'Unione Europea, ha costituito il punto di arrivo di una lunga e laboriosa evoluzione, sviluppatasi attraverso più fasi, ciascuna segnata da accesi contrasti dottrinali in seno ai vari comitati di lavoro. Questo scontro di idee è derivato dal fatto che, l'approccio verso un istituto come le procedure concorsuali, radicato sul criterio della territorialità, ha risentito delle modifiche intervenute in ambito comunitario e dei diversi comportamenti degli Stati membri: quello aperto e disponibile dei Paesi fondatori (Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo); quello più attento verso nuove iniziative incidenti sul concetto di sovranità, della Comunità dei Nove (Danimarca, Irlanda e Regno Unito); ed infine, dopo il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, quello variegato e complesso dell'Unione Europea. La Convenzione in parola ha consentito un'ampia libertà di circolazione in tutto il territorio comunitario, dei provvedimenti giudiziari pronunciati dai giudici dei Paesi membri, evitando così l'ordinaria procedura codicistica della delibazione delle sentenze straniere. Ma ciò che desta sempre più interesse, è il sempre più intenso dialogo istituzionale fra giurisdizioni nazionali e la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, dialogo reso possibile attraverso lo strumento processuale tipico, previsto dall'art. 177 del Trattato: norma che obbliga i giudici nazionali aventi competenza terminale, a rivolgersi a quella Corte ogni volta che occorra verificare la portata ed il senso di una disposizione comunitaria, riservata ai fini del decidere. Il lungo e laborioso travaglio subito dalla Convenzione, si è svolto attraverso più fasi, delle quali la prima ha avuto inizio negli anni '60. Nell'ottobre 1959 la Commissione (C.E.E.) invitò i sei Paesi comunitari ad avviare negoziati, allo scopo di formulare regole unitarie sul riconoscimento e sull'esecuzione delle decisioni giudiziarie, per dare attuazione al precetto dell'art. 220 del Trattato di Roma, il quale stabilisce per gli Stati membri, l'obbligo di porre in essere 'la semplificazione delle formalità', cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie.[...]

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