Author: | Hermann Hesse | ISBN: | 9788845980558 |
Publisher: | Adelphi | Publication: | January 31, 2019 |
Imprint: | Adelphi | Language: | Italian |
Author: | Hermann Hesse |
ISBN: | 9788845980558 |
Publisher: | Adelphi |
Publication: | January 31, 2019 |
Imprint: | Adelphi |
Language: | Italian |
«Se oggi mi chiedo quale fu il vero movente che mi ha portato in autunno dal Canton Ticino a Norimberga – un viaggio durato due mesi – mi coglie l’imbarazzo» scrive Hermann Hesse all’inizio di questo libro di memorie. Nel 1925 aveva deciso infatti di lasciare il suo eremo in Svizzera e di accogliere l’invito a tenere una serie di pubbliche letture in Germania: proprio lui che riconosceva di essere «un uomo restio ai viaggi e alle frequentazioni umane», lui che trovava la prospettiva di esibirsi in pubblico «talvolta spaventosa». Non era d’altro canto un momento qualsiasi: «... la vita mi costava un’insolita, eccessiva fatica, e ogni idea di cambiamento, trasformazione, fuga non poteva che essermi gradita». Una fuga, però, da indugiante, meditabondo flâneur, fatta di soste prolungate e deviazioni e incontri con vecchi amici, che lo conduce da Locarno a Zurigo, da Baden alla natia Svevia, da Ulma ad Augusta e a Norimberga, per terminare infine a Monaco, con la visita a Thomas Mann. Un viaggio, «in sé insignificante e fortuito», che diventa una discesa nel passato e nella propria coscienza, e si traduce in un’intensa confessione intima, dove Hesse ci parla dei suoi amori letterari – primo fra tutti Hölderlin, fatale scoperta infantile – e dell’avversione per il mondo moderno; dell’insofferenza per «la fabbrica culturale» («nessuno è più vanitoso, nessuno più assetato di plauso e consenso dell’intellettuale») e del penoso fardello della fama – e, quale antidoto alla disperazione, dell’umorismo, «ponte sospeso sopra il baratro tra realtà e ideale».
«Se oggi mi chiedo quale fu il vero movente che mi ha portato in autunno dal Canton Ticino a Norimberga – un viaggio durato due mesi – mi coglie l’imbarazzo» scrive Hermann Hesse all’inizio di questo libro di memorie. Nel 1925 aveva deciso infatti di lasciare il suo eremo in Svizzera e di accogliere l’invito a tenere una serie di pubbliche letture in Germania: proprio lui che riconosceva di essere «un uomo restio ai viaggi e alle frequentazioni umane», lui che trovava la prospettiva di esibirsi in pubblico «talvolta spaventosa». Non era d’altro canto un momento qualsiasi: «... la vita mi costava un’insolita, eccessiva fatica, e ogni idea di cambiamento, trasformazione, fuga non poteva che essermi gradita». Una fuga, però, da indugiante, meditabondo flâneur, fatta di soste prolungate e deviazioni e incontri con vecchi amici, che lo conduce da Locarno a Zurigo, da Baden alla natia Svevia, da Ulma ad Augusta e a Norimberga, per terminare infine a Monaco, con la visita a Thomas Mann. Un viaggio, «in sé insignificante e fortuito», che diventa una discesa nel passato e nella propria coscienza, e si traduce in un’intensa confessione intima, dove Hesse ci parla dei suoi amori letterari – primo fra tutti Hölderlin, fatale scoperta infantile – e dell’avversione per il mondo moderno; dell’insofferenza per «la fabbrica culturale» («nessuno è più vanitoso, nessuno più assetato di plauso e consenso dell’intellettuale») e del penoso fardello della fama – e, quale antidoto alla disperazione, dell’umorismo, «ponte sospeso sopra il baratro tra realtà e ideale».