Author: | Vincenzo Rapone | ISBN: | 9788849243444 |
Publisher: | Gangemi Editore | Publication: | April 4, 2019 |
Imprint: | Gangemi Editore | Language: | Italian |
Author: | Vincenzo Rapone |
ISBN: | 9788849243444 |
Publisher: | Gangemi Editore |
Publication: | April 4, 2019 |
Imprint: | Gangemi Editore |
Language: | Italian |
Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | «Io amo la foresta. Male si vive nella città: vi sono troppi libidinosi. Non è meglio cadere in mano ad un assassino che nei sogni di una femmina libidinosa? E guardateli, questi uomini: il loro occhio lo dice – non conoscono nulla di meglio al mondo che giacere con una femmina. Fango è nel fondo della loro anima; e guai, se il loro fango ha perfino spirito! Almeno foste perfetti come animali! Ma l’innocenza è propria dell’animale. Forse che vi consiglio di uccidere i vostri sensi? Io vi consiglio l’innocenza dei sensi». Con il tono così poeticamente espressivo che ne caratterizza la scrittura Nietzsche ci mette di fronte all’evidenza che esistono dei luoghi del rappresentare collettivo che, per loro stessa natura, non possono che essere oggetto di una massiccia estrazione di plusvalore in fatto d’interpretazione. Uno di questi, è l’animalità: l’innocenza dell’animale è per l’uomo un ideale irraggiungibile è il sentire animale per l’uomo è solo un imbestialirsi, che non sappiamo in che grado di parentela sia con l’animalità, perché c’è di mezzo il linguaggio, che costituisce una cesura insuperabile rispetto alla naturalità dell’animale, e di cui l’uomo non potrà mai disfarsi. Così, l’animale è innanzitutto questione di linguaggio, e, conseguentemente, l’animalità è sempre e solo per l’umano: in quanto entità fuori discorso e fuori linguaggio, l’animale si offrirà sempre e solo all’interpretazione dell’altro. Qualcosa di simile si può dire per il c.d. folle, che è nel discorso, ma non nel linguaggio, la cui definizione clinica attesta già della colonizzazione operata dalla scienza psichiatrica: come quella dell’animale, una volta connotata linguisticamente, è tutta per l’uomo, quella dello psicotico è tutta per il c.d. sano. L’esistenza del folle, la sua reclusione, o, quanto meno, la sua stigmatizzazione, l’essere oggetto di cure psichiatriche garantisce, in un senso meno paradossale di quanto potrebbe apparire a prima vista, la normalità con la sua stessa esistenza: la società può, infatti, localizzare la follia e ascrivere a se stessa la qualifica di razionale.
Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | «Io amo la foresta. Male si vive nella città: vi sono troppi libidinosi. Non è meglio cadere in mano ad un assassino che nei sogni di una femmina libidinosa? E guardateli, questi uomini: il loro occhio lo dice – non conoscono nulla di meglio al mondo che giacere con una femmina. Fango è nel fondo della loro anima; e guai, se il loro fango ha perfino spirito! Almeno foste perfetti come animali! Ma l’innocenza è propria dell’animale. Forse che vi consiglio di uccidere i vostri sensi? Io vi consiglio l’innocenza dei sensi». Con il tono così poeticamente espressivo che ne caratterizza la scrittura Nietzsche ci mette di fronte all’evidenza che esistono dei luoghi del rappresentare collettivo che, per loro stessa natura, non possono che essere oggetto di una massiccia estrazione di plusvalore in fatto d’interpretazione. Uno di questi, è l’animalità: l’innocenza dell’animale è per l’uomo un ideale irraggiungibile è il sentire animale per l’uomo è solo un imbestialirsi, che non sappiamo in che grado di parentela sia con l’animalità, perché c’è di mezzo il linguaggio, che costituisce una cesura insuperabile rispetto alla naturalità dell’animale, e di cui l’uomo non potrà mai disfarsi. Così, l’animale è innanzitutto questione di linguaggio, e, conseguentemente, l’animalità è sempre e solo per l’umano: in quanto entità fuori discorso e fuori linguaggio, l’animale si offrirà sempre e solo all’interpretazione dell’altro. Qualcosa di simile si può dire per il c.d. folle, che è nel discorso, ma non nel linguaggio, la cui definizione clinica attesta già della colonizzazione operata dalla scienza psichiatrica: come quella dell’animale, una volta connotata linguisticamente, è tutta per l’uomo, quella dello psicotico è tutta per il c.d. sano. L’esistenza del folle, la sua reclusione, o, quanto meno, la sua stigmatizzazione, l’essere oggetto di cure psichiatriche garantisce, in un senso meno paradossale di quanto potrebbe apparire a prima vista, la normalità con la sua stessa esistenza: la società può, infatti, localizzare la follia e ascrivere a se stessa la qualifica di razionale.