Author: | EDOARDO GIBBON | ISBN: | 1230003293126 |
Publisher: | NICCIA | Publication: | June 24, 2019 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | EDOARDO GIBBON |
ISBN: | 1230003293126 |
Publisher: | NICCIA |
Publication: | June 24, 2019 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
STORIA
DELLA DECADENZA E ROVINA
DELL'IMPERO ROMANO
DI
EDOARDO GIBBON V.13
Questa antitesi fra il passato e il presente seducea l'orgoglio de' contemporanei di Floro; qual sarebbe stata la loro umiliazione, se avesse potuto ad essi presentare l'immagine dell'avvenire, o vaticinare che dopo dieci secoli, Roma, spogliata d'impero, rinchiusa negli antichi suoi limiti, rincomincerebbe le medesime ostilità su quegli stessi territorj che ne abbellivano le ville e i giardini. Il paese che fiancheggia le due rive del Tevere veniva continuamente preteso siccome Patrimonio di S. Pietro, e posseduto sotto un simile titolo; ma i Baroni allora non conoscevano nè padroni, nè leggi, e le città troppo fedelmente imitavano le sommosse, e le discordie della Metropoli. I Romani de' secoli dodicesimo e tredicesimo si adoperarono senza posa a sottomettere, o distruggere i vassalli ribelli della Chiesa e del Senato; e se alcuna volta il Pontefice moderò le interessate loro mire e la violenza della loro ambizione, sovente ancora gl'incoraggiò col soccorso delle spirituali sue armi. Le picciole loro guerre furono quelle de' primi Consoli, e de' primi Dittatori che venivano tolti all'aratro. Assembratisi in armi alle falde del Campidoglio, uscivano dalla città, saccheggiavano, o ardevano i ricolti de' vicini, faceano tumultuose scaramucce; indi, dopo una spedizione di quindici, o venti giorni, fra le loro mura tornavano. Lunghi e mal condotti erano gli assedj; i vincitori si abbandonavano alle ignobili passioni della gelosia e della vendetta, ed anzichè rendersi più forti coll'amicarsi il nemico vinto, e profittare del suo valore, non pensavano che ad annientarlo. I prigionieri supplicavano per ottenere perdono in camicia e avvinti il collo da una fune; il vincitore intanto atterrava i baloardi e perfino le case delle soggiogate città rivali, e ne sperdea gli abitanti nei villaggi posti all'intorno.
STORIA
DELLA DECADENZA E ROVINA
DELL'IMPERO ROMANO
DI
EDOARDO GIBBON V.13
Questa antitesi fra il passato e il presente seducea l'orgoglio de' contemporanei di Floro; qual sarebbe stata la loro umiliazione, se avesse potuto ad essi presentare l'immagine dell'avvenire, o vaticinare che dopo dieci secoli, Roma, spogliata d'impero, rinchiusa negli antichi suoi limiti, rincomincerebbe le medesime ostilità su quegli stessi territorj che ne abbellivano le ville e i giardini. Il paese che fiancheggia le due rive del Tevere veniva continuamente preteso siccome Patrimonio di S. Pietro, e posseduto sotto un simile titolo; ma i Baroni allora non conoscevano nè padroni, nè leggi, e le città troppo fedelmente imitavano le sommosse, e le discordie della Metropoli. I Romani de' secoli dodicesimo e tredicesimo si adoperarono senza posa a sottomettere, o distruggere i vassalli ribelli della Chiesa e del Senato; e se alcuna volta il Pontefice moderò le interessate loro mire e la violenza della loro ambizione, sovente ancora gl'incoraggiò col soccorso delle spirituali sue armi. Le picciole loro guerre furono quelle de' primi Consoli, e de' primi Dittatori che venivano tolti all'aratro. Assembratisi in armi alle falde del Campidoglio, uscivano dalla città, saccheggiavano, o ardevano i ricolti de' vicini, faceano tumultuose scaramucce; indi, dopo una spedizione di quindici, o venti giorni, fra le loro mura tornavano. Lunghi e mal condotti erano gli assedj; i vincitori si abbandonavano alle ignobili passioni della gelosia e della vendetta, ed anzichè rendersi più forti coll'amicarsi il nemico vinto, e profittare del suo valore, non pensavano che ad annientarlo. I prigionieri supplicavano per ottenere perdono in camicia e avvinti il collo da una fune; il vincitore intanto atterrava i baloardi e perfino le case delle soggiogate città rivali, e ne sperdea gli abitanti nei villaggi posti all'intorno.