Me ne frego

Nonfiction, Social & Cultural Studies, Political Science
Cover of the book Me ne frego by Benito Mussolini, Chiarelettere
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Author: Benito Mussolini ISBN: 9788832962277
Publisher: Chiarelettere Publication: May 9, 2019
Imprint: Chiarelettere Language: Italian
Author: Benito Mussolini
ISBN: 9788832962277
Publisher: Chiarelettere
Publication: May 9, 2019
Imprint: Chiarelettere
Language: Italian

Discorsi, articoli e interventi pubblici di Benito Mussolini, pronunciati e scritti tra il 1904 e il 1927. Le parole che hanno costruito l’immaginario fascista. Un linguaggio che continua a segnare il nostro presente.

“Quelle parole, con il loro carico di immaginario, sono tornate a circolare nella nostra mente e spesso nel nostro linguaggio parlato. Sono tornate a essere ´parole gridate՝ e non più solo ´parole sussurrate՝. E la forza del grido, se senza contrasto, le rende ´parole ammesse՝. Ovvero ´legittime՝.”
David Bidussa

“Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalitari e illegalitari a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente, in una parola ´di storia՝ nelle quali siamo costretti a vivere e ad agire. [Non siamo] una chiesa; piuttosto una palestra. Non siamo un partito; piuttosto un movimento."
Benito Mussolini, 1921

Tre motivi per leggerlo:

Perché le parole pesano e vanno riconosciute. “Me ne frego”, “tiro dritto”, “prima gli italiani”, “chi si ferma è perduto” sono espressioni fasciste, e ora di nuovo nel linguaggio diffuso, cui il governo gialloverde strizza l’occhio e che ci riportano a una certa idea di società,
dove la politica è solo un mezzo per affermarsi e zittire l’avversario.

Perché leggere Mussolini è scioccante ma rivelatore. È lui l’inventore dell’antipolitica, della critica sprezzante dello Stato, dello sberleffo delle istituzioni. Le sue parole ci riportano al tempo in cui il fascismo ha occupato il posto lasciato libero dai partiti di allora, così come sta succedendo oggi in Italia.

Perché anche negli anni Venti l’opinione pubblica credeva di poter cambiare le cose, convinta che le parole di Mussolini fossero finalmente il segno che l’Italia non era più nelle mani dello straniero, dei “professionisti della politica, della classe dirigente corrotta, servile, prigioniera dei poteri forti (soprattutto stranieri)”.

David Bidussa (Livorno, 1955) è uno scrittore, giornalista, saggista, storico italiano. Ha insegnato nei licei, è stato lecturer presso la Hebrew University di Gerusalemme tra il 1982 e il 1984. Dal 1988 ha collaborato con Radio Popolare e con “l’Unità”, “il manifesto”, “Linus”, “Diario”, “il Secolo XIX”, “il Riformista”, “Reset”, il domenicale del “Sole 24 Ore”. Ha scritto saggi sull’ebraismo, sul sionismo, sul movimento socialista francese e sulla Repubblica di Vichy. Per Chiarelettere ha curato le antologie Siamo italiani. La questione morale (con scritti di Berlinguer, Capitani, Einaudi, Malaparte, Moro, Prezzolini, Salvemini…), Odio gli indifferenti, con gli scritti di Antonio Gramsci, The time is now, sul Sessantotto in Italia e nel mondo, La vita è bella, con gli scritti di Leon Trotzky, e Lettera sul fanatismo di Shaftesbury.

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Discorsi, articoli e interventi pubblici di Benito Mussolini, pronunciati e scritti tra il 1904 e il 1927. Le parole che hanno costruito l’immaginario fascista. Un linguaggio che continua a segnare il nostro presente.

“Quelle parole, con il loro carico di immaginario, sono tornate a circolare nella nostra mente e spesso nel nostro linguaggio parlato. Sono tornate a essere ´parole gridate՝ e non più solo ´parole sussurrate՝. E la forza del grido, se senza contrasto, le rende ´parole ammesse՝. Ovvero ´legittime՝.”
David Bidussa

“Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalitari e illegalitari a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente, in una parola ´di storia՝ nelle quali siamo costretti a vivere e ad agire. [Non siamo] una chiesa; piuttosto una palestra. Non siamo un partito; piuttosto un movimento."
Benito Mussolini, 1921

Tre motivi per leggerlo:

Perché le parole pesano e vanno riconosciute. “Me ne frego”, “tiro dritto”, “prima gli italiani”, “chi si ferma è perduto” sono espressioni fasciste, e ora di nuovo nel linguaggio diffuso, cui il governo gialloverde strizza l’occhio e che ci riportano a una certa idea di società,
dove la politica è solo un mezzo per affermarsi e zittire l’avversario.

Perché leggere Mussolini è scioccante ma rivelatore. È lui l’inventore dell’antipolitica, della critica sprezzante dello Stato, dello sberleffo delle istituzioni. Le sue parole ci riportano al tempo in cui il fascismo ha occupato il posto lasciato libero dai partiti di allora, così come sta succedendo oggi in Italia.

Perché anche negli anni Venti l’opinione pubblica credeva di poter cambiare le cose, convinta che le parole di Mussolini fossero finalmente il segno che l’Italia non era più nelle mani dello straniero, dei “professionisti della politica, della classe dirigente corrotta, servile, prigioniera dei poteri forti (soprattutto stranieri)”.

David Bidussa (Livorno, 1955) è uno scrittore, giornalista, saggista, storico italiano. Ha insegnato nei licei, è stato lecturer presso la Hebrew University di Gerusalemme tra il 1982 e il 1984. Dal 1988 ha collaborato con Radio Popolare e con “l’Unità”, “il manifesto”, “Linus”, “Diario”, “il Secolo XIX”, “il Riformista”, “Reset”, il domenicale del “Sole 24 Ore”. Ha scritto saggi sull’ebraismo, sul sionismo, sul movimento socialista francese e sulla Repubblica di Vichy. Per Chiarelettere ha curato le antologie Siamo italiani. La questione morale (con scritti di Berlinguer, Capitani, Einaudi, Malaparte, Moro, Prezzolini, Salvemini…), Odio gli indifferenti, con gli scritti di Antonio Gramsci, The time is now, sul Sessantotto in Italia e nel mondo, La vita è bella, con gli scritti di Leon Trotzky, e Lettera sul fanatismo di Shaftesbury.

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