Le prigioni del cibo

Vomiting. Anoressia. Bulimia. La terapia in tempi brevi

Nonfiction, Health & Well Being, Medical, Patient Care, Nutrition
Cover of the book Le prigioni del cibo by Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz, Roberta  Milanese, Ponte alle Grazie
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Author: Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz, Roberta Milanese ISBN: 9788862206891
Publisher: Ponte alle Grazie Publication: April 1, 2014
Imprint: Ponte alle Grazie Language: Italian
Author: Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz, Roberta Milanese
ISBN: 9788862206891
Publisher: Ponte alle Grazie
Publication: April 1, 2014
Imprint: Ponte alle Grazie
Language: Italian
Gli psichiatri di formazione biologista sostengono che esiste sicuramente un gene specifico responsabile di ogni disordine alimentare. I terapeuti che fanno riferimento alla teoria delle memorie represse, invece, affermano con certezza che il 90 percento delle donne affette da un disturbo dell’alimentazione abbia subìto un abuso sessuale. Ma c’è anche chi, in un’ottica psicodinamica, connette il problema a un mancato superamento di complessi arcaici, in particolare – visto che la maggior parte delle persone che soffrono di questi disturbi sono donne – il complesso di Elettra. Per gli studiosi fedeli a una scuola di orientamento relazionale, poi, le cause dei disordini alimentari vanno cercate nella famiglia: nelle dinamiche madre-figlia o nella conflittualità tra i genitori. Infine, da qualche anno esiste una prospettiva che collega strettamente i comportamenti anomali legati al cibo ai disturbi da dipendenza, come l’alcolismo e la tossicodipendenza. In un panorama di teorie così variegato, l’approccio terapeutico strategico-costruttivista proposto da Giorgio Nardone si dimostra il più concreto: esso parte dal dato di fatto che i disturbi delle persone affette da anoressia, bulimia o vomiting sono il risultato di un processo di retroazioni tra soggetto e realtà, in cui sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione problematica immutata. Lo scopo del terapeuta diventa allora quello di spezzare il circolo vizioso tra la reiterazione dei tentativi fallimentari del paziente per risolvere il proprio problema e la persistenza del problema stesso. Per farlo, egli deve capire «come funziona» il problema, piuttosto che «perché esiste». Sulla scorta di questo assunto teorico, Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz e Roberta Milanese riportano qui i risultati di una ricerca applicata di tipo empirico-sperimentale compiuta su un campione significativo di pazienti, individuando una metodologia terapeutica che è un processo di ricerca sistematica con cui affrontare e debellare i disordini alimentari in modo rapido ed efficace.
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Gli psichiatri di formazione biologista sostengono che esiste sicuramente un gene specifico responsabile di ogni disordine alimentare. I terapeuti che fanno riferimento alla teoria delle memorie represse, invece, affermano con certezza che il 90 percento delle donne affette da un disturbo dell’alimentazione abbia subìto un abuso sessuale. Ma c’è anche chi, in un’ottica psicodinamica, connette il problema a un mancato superamento di complessi arcaici, in particolare – visto che la maggior parte delle persone che soffrono di questi disturbi sono donne – il complesso di Elettra. Per gli studiosi fedeli a una scuola di orientamento relazionale, poi, le cause dei disordini alimentari vanno cercate nella famiglia: nelle dinamiche madre-figlia o nella conflittualità tra i genitori. Infine, da qualche anno esiste una prospettiva che collega strettamente i comportamenti anomali legati al cibo ai disturbi da dipendenza, come l’alcolismo e la tossicodipendenza. In un panorama di teorie così variegato, l’approccio terapeutico strategico-costruttivista proposto da Giorgio Nardone si dimostra il più concreto: esso parte dal dato di fatto che i disturbi delle persone affette da anoressia, bulimia o vomiting sono il risultato di un processo di retroazioni tra soggetto e realtà, in cui sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione problematica immutata. Lo scopo del terapeuta diventa allora quello di spezzare il circolo vizioso tra la reiterazione dei tentativi fallimentari del paziente per risolvere il proprio problema e la persistenza del problema stesso. Per farlo, egli deve capire «come funziona» il problema, piuttosto che «perché esiste». Sulla scorta di questo assunto teorico, Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz e Roberta Milanese riportano qui i risultati di una ricerca applicata di tipo empirico-sperimentale compiuta su un campione significativo di pazienti, individuando una metodologia terapeutica che è un processo di ricerca sistematica con cui affrontare e debellare i disordini alimentari in modo rapido ed efficace.

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