La cultura italiana, ma bisognerebbe forse dire l'Italia, fece un salto vertiginoso quando, attorno all'anno mille, un numero crescente di autori modesti e per lo più anonimi, certo senza avere coscienza di fare una cosa straordinaria, volle scrivere nella lingua che parlava, utilizzando un alfabeto che serviva tutt'altra lingua, il latino, e trascrivendo, con soluzioni del tutto individuali, suoni sino ad allora soltanto ascoltati. Fin dal '300 la penisola, soprattutto nelle sue aree urbane, si caratterizza nel quadro europeo per la larga presenza di persone capaci di leggere e scrivere in volgare, divenendo così una delle aree più acculturate dell'Occidente. E' solo dopo il '500, il secolo della normalizzazione, delle grammatiche e di quella polemica in punta di fioretto che fu "la questione della lingua" che lo "scrivere bene" si tradusse di fatto nello "scriver meno". Il rapporto degli italiani con carta e penna divenne via via difficile ed ostico, come testimoniano numerosi (e divertenti) frammenti riportati nel testo. Il volume tratta della scrittura nel suo significato più immediato e semplice. I protagonisti di questo libro, mirabilmente divulgativo, hanno nomi rustici ed esistenze grame, come un Ghezzo da Montorsaio o una Bellezze Ursini da Collevecchio, ma hanno lasciato un segno vivo nella storia della scrittura, del "come" e del "che cosa" si scriveva. Un ulteriore specchio della storia del nostro paese, narrata, fino al primo '900, attraverso i libri di conti e di bottega, i documenti di tribunali e monasteri, le lettere degli emigrati e dei soldati in trincea.
La cultura italiana, ma bisognerebbe forse dire l'Italia, fece un salto vertiginoso quando, attorno all'anno mille, un numero crescente di autori modesti e per lo più anonimi, certo senza avere coscienza di fare una cosa straordinaria, volle scrivere nella lingua che parlava, utilizzando un alfabeto che serviva tutt'altra lingua, il latino, e trascrivendo, con soluzioni del tutto individuali, suoni sino ad allora soltanto ascoltati. Fin dal '300 la penisola, soprattutto nelle sue aree urbane, si caratterizza nel quadro europeo per la larga presenza di persone capaci di leggere e scrivere in volgare, divenendo così una delle aree più acculturate dell'Occidente. E' solo dopo il '500, il secolo della normalizzazione, delle grammatiche e di quella polemica in punta di fioretto che fu "la questione della lingua" che lo "scrivere bene" si tradusse di fatto nello "scriver meno". Il rapporto degli italiani con carta e penna divenne via via difficile ed ostico, come testimoniano numerosi (e divertenti) frammenti riportati nel testo. Il volume tratta della scrittura nel suo significato più immediato e semplice. I protagonisti di questo libro, mirabilmente divulgativo, hanno nomi rustici ed esistenze grame, come un Ghezzo da Montorsaio o una Bellezze Ursini da Collevecchio, ma hanno lasciato un segno vivo nella storia della scrittura, del "come" e del "che cosa" si scriveva. Un ulteriore specchio della storia del nostro paese, narrata, fino al primo '900, attraverso i libri di conti e di bottega, i documenti di tribunali e monasteri, le lettere degli emigrati e dei soldati in trincea.