Author: | Arrigo Petacco | ISBN: | 9788851141042 |
Publisher: | UTET | Publication: | September 20, 2016 |
Imprint: | UTET | Language: | Italian |
Author: | Arrigo Petacco |
ISBN: | 9788851141042 |
Publisher: | UTET |
Publication: | September 20, 2016 |
Imprint: | UTET |
Language: | Italian |
Sulla soglia di questo saggio, denso di fatti e rapido di passo, Arrigo Petacco ha posto un esergo: «Quando comincia una guerra la prima vittima è sempre la verità. Quando la guerra finisce le bugie dei vinti sono smascherate, quelle dei vincitori diventano Storia». È quasi un’epigrafe, un memento utile per chi si appresta ad attraversare leggendo anni tumultuosi e a volte confusi, coperti prima dal segreto militare e poi, nel dopoguerra, dalla cortina fumogena della “versione ufficiale”. Il secondo conflitto mondiale, scoccato all’insegna della guerra-lampo (Mussolini disse a un timoroso Badoglio: «La guerra finirà in fretta. Io ho solo bisogno di un certo numero di morti per sedere al tavolo della pace»), si sarebbe invece trascinato per anni, scatenando in Italia quella che ormai viene quasi da tutti considerata una guerra civile. Ma, ci ricorda Petacco, bisogna evitare ogni ricostruzione consolatoria: gli italiani non furono vittime innocenti, gettate nel tritacarne bellico da un megalomane Duce. Ci fu un’intera classe politica, militare, economica e intellettuale che prima acclamò Mussolini e poi, una volta prossimi alla fine, lo spacciò come unico responsabile del disastro; e anche il popolo minuto, gli operosi cittadini del fascio, furono parte attiva di questa epopea e di questa disfatta. E allora oggi, mentre molti sbandierano un revisionismo di comodo, vale la pena ri-raccontarla, questa storia: i giorni dell’Impero e dell’esaltazione propagandistica, cui il popolo spesso partecipò con slancio, e i giorni del disonore e della sconfitta, di un esercito impreparato mandato allo sbaraglio, povero di mezzi e ricco di coraggio. Raccontare un paese in cui eravamo tutti fascisti e all’improvviso diventammo tutti antifascisti, una nazione che passò dall’Asse agli Alleati, attraverso l’umiliazione e la violenza di un’invasione. La nostra guerra non vuole essere programmaticamente una controstoria: preferisce fare un passo indietro e ricostruire, con rigore e passione, attraverso lettere e comunicati, dispacci e testimonianze, la cronistoria equilibrata e il più possibile onesta di questa guerra, che ha attraversato il nostro paese dal Nord al Sud, che ha coinvolto soldati e massaie, generali e contadini, al punto che i civili stessi si trovarono a impugnare le armi. Una guerra che è nostra, nel bene e nel male: è giunto il momento di riappropriarsene.
Sulla soglia di questo saggio, denso di fatti e rapido di passo, Arrigo Petacco ha posto un esergo: «Quando comincia una guerra la prima vittima è sempre la verità. Quando la guerra finisce le bugie dei vinti sono smascherate, quelle dei vincitori diventano Storia». È quasi un’epigrafe, un memento utile per chi si appresta ad attraversare leggendo anni tumultuosi e a volte confusi, coperti prima dal segreto militare e poi, nel dopoguerra, dalla cortina fumogena della “versione ufficiale”. Il secondo conflitto mondiale, scoccato all’insegna della guerra-lampo (Mussolini disse a un timoroso Badoglio: «La guerra finirà in fretta. Io ho solo bisogno di un certo numero di morti per sedere al tavolo della pace»), si sarebbe invece trascinato per anni, scatenando in Italia quella che ormai viene quasi da tutti considerata una guerra civile. Ma, ci ricorda Petacco, bisogna evitare ogni ricostruzione consolatoria: gli italiani non furono vittime innocenti, gettate nel tritacarne bellico da un megalomane Duce. Ci fu un’intera classe politica, militare, economica e intellettuale che prima acclamò Mussolini e poi, una volta prossimi alla fine, lo spacciò come unico responsabile del disastro; e anche il popolo minuto, gli operosi cittadini del fascio, furono parte attiva di questa epopea e di questa disfatta. E allora oggi, mentre molti sbandierano un revisionismo di comodo, vale la pena ri-raccontarla, questa storia: i giorni dell’Impero e dell’esaltazione propagandistica, cui il popolo spesso partecipò con slancio, e i giorni del disonore e della sconfitta, di un esercito impreparato mandato allo sbaraglio, povero di mezzi e ricco di coraggio. Raccontare un paese in cui eravamo tutti fascisti e all’improvviso diventammo tutti antifascisti, una nazione che passò dall’Asse agli Alleati, attraverso l’umiliazione e la violenza di un’invasione. La nostra guerra non vuole essere programmaticamente una controstoria: preferisce fare un passo indietro e ricostruire, con rigore e passione, attraverso lettere e comunicati, dispacci e testimonianze, la cronistoria equilibrata e il più possibile onesta di questa guerra, che ha attraversato il nostro paese dal Nord al Sud, che ha coinvolto soldati e massaie, generali e contadini, al punto che i civili stessi si trovarono a impugnare le armi. Una guerra che è nostra, nel bene e nel male: è giunto il momento di riappropriarsene.