"No press card, I’m sorry. University Professor, no journalist"… Ho dovuto ripeterlo a tutti, in inglese di base e a gesti: poliziotti turchi, peshmerga, guerriglieri del PKK, un albergatore, l’onnipotente responsabile del posto di frontiera tra il Kurdistan iracheno e il Rojava, un simpatico tassista che voleva sapere chi stava portando in prima linea, la comandante Meriem a Kobane. Quasi tutti restavano inizialmente un po’ stupiti. Sensazione del resto condivisa da colleghi e studenti in Italia: perché mai uno storico dovrebbe andare a vedere una guerra?
"No press card, I’m sorry. University Professor, no journalist"… Ho dovuto ripeterlo a tutti, in inglese di base e a gesti: poliziotti turchi, peshmerga, guerriglieri del PKK, un albergatore, l’onnipotente responsabile del posto di frontiera tra il Kurdistan iracheno e il Rojava, un simpatico tassista che voleva sapere chi stava portando in prima linea, la comandante Meriem a Kobane. Quasi tutti restavano inizialmente un po’ stupiti. Sensazione del resto condivisa da colleghi e studenti in Italia: perché mai uno storico dovrebbe andare a vedere una guerra?