Falce e carrello

Le mani sulla spesa degli italiani (con una nuova premessa dell'autore)

Biography & Memoir, Business, Business & Finance, Entrepreneurship & Small Business, Entrepreneurship
Cover of the book Falce e carrello by Bernardo Caprotti, Geminello Alvi, Marsilio
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Author: Bernardo Caprotti, Geminello Alvi ISBN: 9788831738941
Publisher: Marsilio Publication: November 10, 2014
Imprint: Marsilio Language: Italian
Author: Bernardo Caprotti, Geminello Alvi
ISBN: 9788831738941
Publisher: Marsilio
Publication: November 10, 2014
Imprint: Marsilio
Language: Italian

«Sono passati sette anni e in molti mi hanno chiesto cosa fosse successo dopo la pubblicazione del mio libro. Ci furono alcune reazioni che definirei scomposte.» (dalla Prefazione di B. Caprotti) Bernardo Caprotti è l'imprenditore che ha portato all'eccellenza i supermercati in Italia. Ne ha fatto un caso di rinomanza internazionale, nel settore. A 81 anni ha deciso di rompere il suo riserbo (niente interviste, niente fotografie, poche apparizioni pubbliche, tanto lavoro) e in questo libro-denuncia racconta ciò che ha dovuto subire per mano delle Coop. Dai primi contatti con il gigante "rosso" della grande distribuzione fino alle polemiche degli ultimi mesi, il fondatore di Esselunga ricostruisce un confronto pluridecennale scambiato fino a poco tempo fa per normale concorrenza. Invece, mettendo insieme con meticolosità le tessere del mosaico, a Caprotti è apparso un disegno preciso: far sparire la sua azienda dal mercato. In questo j'accuse l'imprenditore documenta, prove alla mano, una serie di vicende che di primo acchito sembrano tentativi imprenditoriali andati a vuoto, nella realtà si rivelano parte di un censurabile piano strategico altrui. Giacché Esselunga non può essere la sola vittima del "sistema". Dalla rigorosa esposizione dei fatti appare di tutta evidenza che molte iniziative di Esselunga sono state affossate dalla Legacoop, il gigante economico agli ordini del Pci-Pds-Ds, con l'indispensabile appoggio delle amministrazioni locali di sinistra. Reperti etruschi usati come grimaldello, licenze lasciate scadere (ma prontamente girate alle Coop), terreni pagati sei volte il valore di mercato, condizionamenti di sindaci e assessori, persino uno scippo ai danni di una signora sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz per realizzare una Ipercoop gigantesca in una città "proibita" all'Esselunga. Tutto è servito per bloccare l'espansione dell'imprenditore lombardo, che chiede soltanto di "servire", di poter fare il mestiere imparato da Nelson Rockefeller, di cui fu socio all'inizio dell'attività. Operazioni che avevano richiesto anni di preparazione e ingenti investimenti gli sono state sottratte dalla concorrenza nel giro di poche ore. Fino a giungere alle pressioni di Romani Prodi su Caprotti perché la sua azienda resti «in mani italiane»: cioè sia ceduta alle Coop. Una soluzione finale che aggiungerebbe la beffa agli ingenti danni, morali e materiali, già subiti. La galleria di fatti e personaggi (da Pierluigi Stefanini a Turiddo Campaini, da Mario Zucchelli a Bruno Cordazzo) è accompagnata da una documentazione inoppugnabile e inedita che Caprotti ha ora pazientemente ordinato. «Il mio braccio destro ripeteva che dietro certi episodi c'erano le Coop» - rievoca l'autore - «A lungo mi sono rifiutato di credergli. Oggi riconosco che aveva ragione».

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«Sono passati sette anni e in molti mi hanno chiesto cosa fosse successo dopo la pubblicazione del mio libro. Ci furono alcune reazioni che definirei scomposte.» (dalla Prefazione di B. Caprotti) Bernardo Caprotti è l'imprenditore che ha portato all'eccellenza i supermercati in Italia. Ne ha fatto un caso di rinomanza internazionale, nel settore. A 81 anni ha deciso di rompere il suo riserbo (niente interviste, niente fotografie, poche apparizioni pubbliche, tanto lavoro) e in questo libro-denuncia racconta ciò che ha dovuto subire per mano delle Coop. Dai primi contatti con il gigante "rosso" della grande distribuzione fino alle polemiche degli ultimi mesi, il fondatore di Esselunga ricostruisce un confronto pluridecennale scambiato fino a poco tempo fa per normale concorrenza. Invece, mettendo insieme con meticolosità le tessere del mosaico, a Caprotti è apparso un disegno preciso: far sparire la sua azienda dal mercato. In questo j'accuse l'imprenditore documenta, prove alla mano, una serie di vicende che di primo acchito sembrano tentativi imprenditoriali andati a vuoto, nella realtà si rivelano parte di un censurabile piano strategico altrui. Giacché Esselunga non può essere la sola vittima del "sistema". Dalla rigorosa esposizione dei fatti appare di tutta evidenza che molte iniziative di Esselunga sono state affossate dalla Legacoop, il gigante economico agli ordini del Pci-Pds-Ds, con l'indispensabile appoggio delle amministrazioni locali di sinistra. Reperti etruschi usati come grimaldello, licenze lasciate scadere (ma prontamente girate alle Coop), terreni pagati sei volte il valore di mercato, condizionamenti di sindaci e assessori, persino uno scippo ai danni di una signora sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz per realizzare una Ipercoop gigantesca in una città "proibita" all'Esselunga. Tutto è servito per bloccare l'espansione dell'imprenditore lombardo, che chiede soltanto di "servire", di poter fare il mestiere imparato da Nelson Rockefeller, di cui fu socio all'inizio dell'attività. Operazioni che avevano richiesto anni di preparazione e ingenti investimenti gli sono state sottratte dalla concorrenza nel giro di poche ore. Fino a giungere alle pressioni di Romani Prodi su Caprotti perché la sua azienda resti «in mani italiane»: cioè sia ceduta alle Coop. Una soluzione finale che aggiungerebbe la beffa agli ingenti danni, morali e materiali, già subiti. La galleria di fatti e personaggi (da Pierluigi Stefanini a Turiddo Campaini, da Mario Zucchelli a Bruno Cordazzo) è accompagnata da una documentazione inoppugnabile e inedita che Caprotti ha ora pazientemente ordinato. «Il mio braccio destro ripeteva che dietro certi episodi c'erano le Coop» - rievoca l'autore - «A lungo mi sono rifiutato di credergli. Oggi riconosco che aveva ragione».

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