«Michel Serres è la mente filosofica più fine che esista oggi in Francia. »
Umberto Eco, lectio magistralis al Festival della Comunicazione di Camogli, settembre 2015
«Michel Serres è ciò che un filosofo dovrebbe essere: un uomo che offre alcuni suggerimenti che aiutino a comprendere il mondo in cui si vive. »
il venerdì-la Repubblica - Corrado Augias
«Come un Montaigne dell’era digitale, come un Rabelais della globalizzazione, Michel Serres continua a regalarci una percezione totalmente altra della nostra condizione umana. »
Le Monde - Nicolas Truong
«Un principe della metafora al culmine del suo cammino solitario... Emozionante. »
L’Express - Manuel Cohen
Pochissimi azzardano oggi una filosofia della storia. Il garbuglio e l’incertezza dei tempi scoraggiano l’impresa. Per esserne all’altezza occorre una capacità di visione che si spinga molto indietro nel passato, guardi al presente con appassionato realismo e abbia così a cuore il futuro da reclutare senza esitazione l’utopia. Tra i rari intrepidi, il più crepitante è Michel Serres. Ce lo dovevamo aspettare da chi ha attraversato il pensiero di mezzo secolo con la sublime impertinenza dello scompigliatore, sempre intento a spargere il contenuto dei panieri che i concetti astratti etichettano e tengono sigillati.
Qui a saltare sono addirittura i sigilli – cronologici, disciplinari, interpretativi – dell’intera vicenda del mondo, il cui Grande Racconto, nella suggestiva narrazione di Serres, dilata la scrittura da invenzione esclusivamente umana a codifica universale comune a rocce, piante e animali, retrodatando gli inizi di tutto e insieme istituendo una continuità tra il primordiale e il digitale. Nella fantasmagoria dei paesaggi macroscopici o invisibili che per millenni si sono generati e offerti alla decifrazione, corrono tre età della storia scandite da altrettante figure emblematiche. Dal regno naturale sotto il segno di Darwin, all’interminabile dominio della violenza mortifera simbolizzato da Napoleone, all’epoca attuale, la più pacifica dall’alba dell’umanità, dove la vita riprende il sopravvento all’insegna empatica del samaritano: ecco la traiettoria che Serres fa culminare nella nostra «età dolce», l’età del dolore alleviato, della negoziazione e del virtuale, che si è lasciata alle spalle l’«età dura» della tanatocrazia insanguinata. Un netto cambio di focale, quello di Serres, se confrontato al dilagante, cupo giudizio sul presente e ai catastrofismi di maniera. Statistiche alla mano, adesso gli uomini, «portatori sani di aggressività», si comportano in modo meno violento rispetto ai loro predecessori, tanto che la sentenza filosofico-politica Homo homini lupus va rovesciata in senso etologico – accudente e solidale come un lupo. Spesso non ce ne accorgiamo, ma il possibile acquista già vigore, perché «il dolce dura più e meglio del duro».
«Michel Serres è la mente filosofica più fine che esista oggi in Francia. »
Umberto Eco, lectio magistralis al Festival della Comunicazione di Camogli, settembre 2015
«Michel Serres è ciò che un filosofo dovrebbe essere: un uomo che offre alcuni suggerimenti che aiutino a comprendere il mondo in cui si vive. »
il venerdì-la Repubblica - Corrado Augias
«Come un Montaigne dell’era digitale, come un Rabelais della globalizzazione, Michel Serres continua a regalarci una percezione totalmente altra della nostra condizione umana. »
Le Monde - Nicolas Truong
«Un principe della metafora al culmine del suo cammino solitario... Emozionante. »
L’Express - Manuel Cohen
Pochissimi azzardano oggi una filosofia della storia. Il garbuglio e l’incertezza dei tempi scoraggiano l’impresa. Per esserne all’altezza occorre una capacità di visione che si spinga molto indietro nel passato, guardi al presente con appassionato realismo e abbia così a cuore il futuro da reclutare senza esitazione l’utopia. Tra i rari intrepidi, il più crepitante è Michel Serres. Ce lo dovevamo aspettare da chi ha attraversato il pensiero di mezzo secolo con la sublime impertinenza dello scompigliatore, sempre intento a spargere il contenuto dei panieri che i concetti astratti etichettano e tengono sigillati.
Qui a saltare sono addirittura i sigilli – cronologici, disciplinari, interpretativi – dell’intera vicenda del mondo, il cui Grande Racconto, nella suggestiva narrazione di Serres, dilata la scrittura da invenzione esclusivamente umana a codifica universale comune a rocce, piante e animali, retrodatando gli inizi di tutto e insieme istituendo una continuità tra il primordiale e il digitale. Nella fantasmagoria dei paesaggi macroscopici o invisibili che per millenni si sono generati e offerti alla decifrazione, corrono tre età della storia scandite da altrettante figure emblematiche. Dal regno naturale sotto il segno di Darwin, all’interminabile dominio della violenza mortifera simbolizzato da Napoleone, all’epoca attuale, la più pacifica dall’alba dell’umanità, dove la vita riprende il sopravvento all’insegna empatica del samaritano: ecco la traiettoria che Serres fa culminare nella nostra «età dolce», l’età del dolore alleviato, della negoziazione e del virtuale, che si è lasciata alle spalle l’«età dura» della tanatocrazia insanguinata. Un netto cambio di focale, quello di Serres, se confrontato al dilagante, cupo giudizio sul presente e ai catastrofismi di maniera. Statistiche alla mano, adesso gli uomini, «portatori sani di aggressività», si comportano in modo meno violento rispetto ai loro predecessori, tanto che la sentenza filosofico-politica Homo homini lupus va rovesciata in senso etologico – accudente e solidale come un lupo. Spesso non ce ne accorgiamo, ma il possibile acquista già vigore, perché «il dolce dura più e meglio del duro».