Author: | Simonetta Stefanini | ISBN: | 9781465887351 |
Publisher: | Simonetta Stefanini | Publication: | October 8, 2011 |
Imprint: | Smashwords Edition | Language: | Italian |
Author: | Simonetta Stefanini |
ISBN: | 9781465887351 |
Publisher: | Simonetta Stefanini |
Publication: | October 8, 2011 |
Imprint: | Smashwords Edition |
Language: | Italian |
L’elemento essenziale dell’arte culinaria medievale è rappresentato dall’inventiva del cuoco, il quale poteva considerarsi un artista e al contempo organizzatore e regista, forse anche un poco mago, nella preparazione di banchetti e feste il cui scopo principale era quello di stupire i convitati.
La prerogativa di questo libro è di accompagnare il lettore oltre alla gustosità dei cibi, in un viaggio gastronomico attraverso l’Italia medievale, in modo che la ricetta non sia un semplice insieme di ingredienti ma una comprensione storica di regole sociali ben definite.
Il banchetto medievale era la manifestazione esplicita, da parte della società dominante, della superiorità nel lusso e nella ricercatezza dei cibi, esposta in modo eccentrico e plateale. L’ostentazione di grandi quantità di cibo esprimeva il dominio sulle masse popolari, sulle quali regnava l’incubo della fame quotidiana, mentre il signore manifestava la propria potenza con banchetti-spettacolo, dove l’eccentrico, il divertente e il curioso animavano l’ambiente tra una portata e l’altra.
Con il tempo gli intermezzi diventarono sempre più curati e ricchi, con vere e proprie ricostruzioni teatrali di episodi dell’antico testamento o scene di guerra. L’abbondanza, la mescolanza di sapori, l’uso a volte esagerato di spezie costosissime, le coreografie spettacolari, i doni lussuosi per i convitati, erano trucchi per aumentare lo stupore e il rispetto nei confronti del potente.
Così la carne poteva essere rivestita con foglie d’oro e i pavoni, una volta cotti, erano nuovamente ricoperti delle loro piume, rizzati in piedi, aperta la coda a ventaglio, portati sulla tavola con il becco in fiamme. Finti rami di pasta di pane, a forma di gabbia, imprigionavano uccelli variopinti, vivi e svolazzanti, lasciati poi liberi per le stanze, colmando di sorpresa i commensali. Persino la quantità mangiata rappresentava una manifestazione di potere: l’uomo forte, il potente o il guerriero dovevano mangiare molto, in segno di virilità e prestanza.
Le scuole mediche dell’epoca elaborarono i Tacuinum Sanitatis (dai quali sono tratte le immagini di questo libro e molte descrizioni degli alimenti), trattati che contenevano le spiegazioni sugli alimenti e dettavano le regole per il buon uso, stabilendo per quali ceti sociali potessero considerarsi nocivi.
La gente comune non poteva permettersi banchetti sontuosi, la tavola del contadino era presto fatta, spesso su cavalletti e non sempre con la tovaglia. Questa tavola d’occasione era tolta dopo il pasto e i convitati sedevano su cassoni, dentro i quali erano conservati alcuni cibi, il sale e il pane. Zuppe e verdure, polente e farinate, talvolta cacciagione e pesce, il tutto era cotto senza pretese e senza spezie.
Si mangiava accanto al focolare, non in sale da pranzo, talvolta vicino anche agli animali domestici e da lavoro.
Questo libro non è solo il risultato di una selezione gastronomica, elaborata in modo professionale, delle ricette originali, le quali non possedevano né le quantità esatte né i dettagli delle temperature di cottura, ma rappresenta il desiderio di raccontare l’origine di molti piatti tradizionali divenuti nel tempo i cardini della cucina tipica regionale italiana, apprezzati in tutto il mondo.
L’elemento essenziale dell’arte culinaria medievale è rappresentato dall’inventiva del cuoco, il quale poteva considerarsi un artista e al contempo organizzatore e regista, forse anche un poco mago, nella preparazione di banchetti e feste il cui scopo principale era quello di stupire i convitati.
La prerogativa di questo libro è di accompagnare il lettore oltre alla gustosità dei cibi, in un viaggio gastronomico attraverso l’Italia medievale, in modo che la ricetta non sia un semplice insieme di ingredienti ma una comprensione storica di regole sociali ben definite.
Il banchetto medievale era la manifestazione esplicita, da parte della società dominante, della superiorità nel lusso e nella ricercatezza dei cibi, esposta in modo eccentrico e plateale. L’ostentazione di grandi quantità di cibo esprimeva il dominio sulle masse popolari, sulle quali regnava l’incubo della fame quotidiana, mentre il signore manifestava la propria potenza con banchetti-spettacolo, dove l’eccentrico, il divertente e il curioso animavano l’ambiente tra una portata e l’altra.
Con il tempo gli intermezzi diventarono sempre più curati e ricchi, con vere e proprie ricostruzioni teatrali di episodi dell’antico testamento o scene di guerra. L’abbondanza, la mescolanza di sapori, l’uso a volte esagerato di spezie costosissime, le coreografie spettacolari, i doni lussuosi per i convitati, erano trucchi per aumentare lo stupore e il rispetto nei confronti del potente.
Così la carne poteva essere rivestita con foglie d’oro e i pavoni, una volta cotti, erano nuovamente ricoperti delle loro piume, rizzati in piedi, aperta la coda a ventaglio, portati sulla tavola con il becco in fiamme. Finti rami di pasta di pane, a forma di gabbia, imprigionavano uccelli variopinti, vivi e svolazzanti, lasciati poi liberi per le stanze, colmando di sorpresa i commensali. Persino la quantità mangiata rappresentava una manifestazione di potere: l’uomo forte, il potente o il guerriero dovevano mangiare molto, in segno di virilità e prestanza.
Le scuole mediche dell’epoca elaborarono i Tacuinum Sanitatis (dai quali sono tratte le immagini di questo libro e molte descrizioni degli alimenti), trattati che contenevano le spiegazioni sugli alimenti e dettavano le regole per il buon uso, stabilendo per quali ceti sociali potessero considerarsi nocivi.
La gente comune non poteva permettersi banchetti sontuosi, la tavola del contadino era presto fatta, spesso su cavalletti e non sempre con la tovaglia. Questa tavola d’occasione era tolta dopo il pasto e i convitati sedevano su cassoni, dentro i quali erano conservati alcuni cibi, il sale e il pane. Zuppe e verdure, polente e farinate, talvolta cacciagione e pesce, il tutto era cotto senza pretese e senza spezie.
Si mangiava accanto al focolare, non in sale da pranzo, talvolta vicino anche agli animali domestici e da lavoro.
Questo libro non è solo il risultato di una selezione gastronomica, elaborata in modo professionale, delle ricette originali, le quali non possedevano né le quantità esatte né i dettagli delle temperature di cottura, ma rappresenta il desiderio di raccontare l’origine di molti piatti tradizionali divenuti nel tempo i cardini della cucina tipica regionale italiana, apprezzati in tutto il mondo.