Scritti in onore di Sara Volterra

Nonfiction, Reference & Language, Law, Comparative
Cover of the book Scritti in onore di Sara Volterra by Luca Albino, Francesco Alicino, Felice Ancora, Giappichelli Editore
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Author: Luca Albino, Francesco Alicino, Felice Ancora ISBN: 9788892167995
Publisher: Giappichelli Editore Publication: January 11, 2018
Imprint: Giappichelli Editore Language: Italian
Author: Luca Albino, Francesco Alicino, Felice Ancora
ISBN: 9788892167995
Publisher: Giappichelli Editore
Publication: January 11, 2018
Imprint: Giappichelli Editore
Language: Italian

PRESENTAZIONE a cura di Mario Patrono. Eravamo in 5 quella mattina di febbraio del 1970 ad aspettare in preda all’emozione. Quei 5, per citarli in ordine alfabetico, erano: Nino Olivetti Rason, lo scrivente, Giorgio Recchia, Vincenzo Vigoriti e Sara Volterra. La nostra provenienza era disseminata. Vigoriti e la Volterra erano, per così dire, ‘di stanza’ all’Università di Firenze, Sara alla Facoltà di Scienze Politiche e Vigoriti, se non ricordo male, a Giurisprudenza. Nino Olivetti e chi scrive all’Università di Padova, anche noi – come Sara – a Scienze Politiche. Giorgio Recchia veniva dalla Scuola di Napoli via Paolo Tesauro e Francesco D’Onofrio. Il luogo? Il corridoio dell’Istituto di Diritto pubblico di Giurisprudenza, Università di Roma (così detta allora senza altra definizione, dato che a Roma di Università pubbliche ce n’ era una soltanto; poi vennero Tor Vergata e Roma3, e a quel punto ‘quella’ Università di Roma prese il nome di ‘La Sapienza’, che già prima aveva, per la verità, ma che non si usava mai). Dominava in quell’Istituto, a quel tempo, la figura di due Maestri di altissimo livello scientifico, Massimo Severo Giannini e Vezio Crisafulli; l’ombra dei quali aleggiava tutt’attorno. Eravamo dunque lì, noi 5, in attesa di essere chiamati a sostenere la prova ‘sui titoli’ all’esame di abilitazione alla ‘Libera Docenza’, che diverrà anni dopo – avendo nel frattempo assunto connotati un po’ diversi – la prova per il conseguimento del titolo di Professore associato. La ‘Libera Docenza’, lo dico per i più giovani, era un passaggio obbligato del cursus honorum di un (futuribile) professore universitario. Senza, la carriera si bloccava; avendola conseguita, invece, era possibile a quel punto ottenere, prima, un’incarico d’insegnamento, e poi (a Dio piacendo) proseguire in avanti fino alla ‘Cattedra’.

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PRESENTAZIONE a cura di Mario Patrono. Eravamo in 5 quella mattina di febbraio del 1970 ad aspettare in preda all’emozione. Quei 5, per citarli in ordine alfabetico, erano: Nino Olivetti Rason, lo scrivente, Giorgio Recchia, Vincenzo Vigoriti e Sara Volterra. La nostra provenienza era disseminata. Vigoriti e la Volterra erano, per così dire, ‘di stanza’ all’Università di Firenze, Sara alla Facoltà di Scienze Politiche e Vigoriti, se non ricordo male, a Giurisprudenza. Nino Olivetti e chi scrive all’Università di Padova, anche noi – come Sara – a Scienze Politiche. Giorgio Recchia veniva dalla Scuola di Napoli via Paolo Tesauro e Francesco D’Onofrio. Il luogo? Il corridoio dell’Istituto di Diritto pubblico di Giurisprudenza, Università di Roma (così detta allora senza altra definizione, dato che a Roma di Università pubbliche ce n’ era una soltanto; poi vennero Tor Vergata e Roma3, e a quel punto ‘quella’ Università di Roma prese il nome di ‘La Sapienza’, che già prima aveva, per la verità, ma che non si usava mai). Dominava in quell’Istituto, a quel tempo, la figura di due Maestri di altissimo livello scientifico, Massimo Severo Giannini e Vezio Crisafulli; l’ombra dei quali aleggiava tutt’attorno. Eravamo dunque lì, noi 5, in attesa di essere chiamati a sostenere la prova ‘sui titoli’ all’esame di abilitazione alla ‘Libera Docenza’, che diverrà anni dopo – avendo nel frattempo assunto connotati un po’ diversi – la prova per il conseguimento del titolo di Professore associato. La ‘Libera Docenza’, lo dico per i più giovani, era un passaggio obbligato del cursus honorum di un (futuribile) professore universitario. Senza, la carriera si bloccava; avendola conseguita, invece, era possibile a quel punto ottenere, prima, un’incarico d’insegnamento, e poi (a Dio piacendo) proseguire in avanti fino alla ‘Cattedra’.

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