Author: | Anton Cechov | ISBN: | 9788898467235 |
Publisher: | Bruno Osimo | Publication: | February 13, 2019 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Anton Cechov |
ISBN: | 9788898467235 |
Publisher: | Bruno Osimo |
Publication: | February 13, 2019 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Questa traduzione è stata realizzata con le allieve del corso di traduzione artistica russo-italiano presso la Civica Scuola Interpreti Traduttori di Milano nell'anno accademico 2013-2014.
Ecco un brano tratto dalla postfazione (contiene spoiler):
«Il dizionario di psicoanalisi ci dà questa definizione tecnica del Falso Sé che, in termini artistici, Čehov ci dà nel racconto. Non a caso il protagonista è un medico, ed è lui a tracciare a grandi linee la case history. La protagonista, come è tipico di questo profilo patologico, deve continuamente tacitare la propria coscienza. In questo è rivelatoria la metafora dell'uccellino:
«E sentendo che ognuno d’istinto lo pensava, sorrideva ancora più affabile e tentava di somigliare all’uccellino».
La self-consciousness che non manca alle persone affette da questa sindrome si manifesta esplicitamente anche in questo altro passo:
«Nel tentativo di sembrare un uccellino, la principessa svolazzò nell’equipaggio annuendo da tutte le parti».
Nei pazienti affetti da falso Sé, ci si crea un'immagine a cui si aspira a identificarsi, e si riesce a vivere come normale la continua alternanza tra la rotaia della realtà e la rotaia della forzata coincidenza con l'uccellino o altre metafore: la personalità diventa un binario.
Un'altra dicotomia del binario è quella tra sazietà e fame, tra avidità e miseria. Mentre la servitù fa la fame, la principessa mangia a scrocco in monastero tutte le sue prelibatezze preferite, costringendo i monaci ad acquistare e a preparare cibi tutt'altri che monastici. Sull'altro versante, i cuochi costretti a lavorare in condizioni disumane diventano ciechi e vanno a chiedere la carità. A coronare queste dicotomie c'è quella tra fortuna e sfortuna, che costella l'intero racconto ed è emblematica del falso Sé: il falso Sé è sfortunato:
«Mi fa paura guardarmi indietro: quanti cambiamenti, sfortune varie, quanti errori».
Ma il vero Sé (nel dialogo autocomunicativo) è fortunato, come nella frase conclusiva:
«Come sono fortunata!»
Tutta intenta in questo dialogo interno tra falso Sé e vero Sé, un dialogo vero e proprio che in certi passi si esplicita con vere battute di discorso diretto:
«Cos'altro potrei dirgli?» pensò la principessa.
la principessa è totalmente incapace di empatia, cosa che le permette di vivere benissimo sotto la copertura del destino sfortunato. Nel suo narcisismo ottuso si preoccupa unicamente che le sue penne siano lucide e colorate, facendo a gara con l'uccellino».
Questa traduzione è stata realizzata con le allieve del corso di traduzione artistica russo-italiano presso la Civica Scuola Interpreti Traduttori di Milano nell'anno accademico 2013-2014.
Ecco un brano tratto dalla postfazione (contiene spoiler):
«Il dizionario di psicoanalisi ci dà questa definizione tecnica del Falso Sé che, in termini artistici, Čehov ci dà nel racconto. Non a caso il protagonista è un medico, ed è lui a tracciare a grandi linee la case history. La protagonista, come è tipico di questo profilo patologico, deve continuamente tacitare la propria coscienza. In questo è rivelatoria la metafora dell'uccellino:
«E sentendo che ognuno d’istinto lo pensava, sorrideva ancora più affabile e tentava di somigliare all’uccellino».
La self-consciousness che non manca alle persone affette da questa sindrome si manifesta esplicitamente anche in questo altro passo:
«Nel tentativo di sembrare un uccellino, la principessa svolazzò nell’equipaggio annuendo da tutte le parti».
Nei pazienti affetti da falso Sé, ci si crea un'immagine a cui si aspira a identificarsi, e si riesce a vivere come normale la continua alternanza tra la rotaia della realtà e la rotaia della forzata coincidenza con l'uccellino o altre metafore: la personalità diventa un binario.
Un'altra dicotomia del binario è quella tra sazietà e fame, tra avidità e miseria. Mentre la servitù fa la fame, la principessa mangia a scrocco in monastero tutte le sue prelibatezze preferite, costringendo i monaci ad acquistare e a preparare cibi tutt'altri che monastici. Sull'altro versante, i cuochi costretti a lavorare in condizioni disumane diventano ciechi e vanno a chiedere la carità. A coronare queste dicotomie c'è quella tra fortuna e sfortuna, che costella l'intero racconto ed è emblematica del falso Sé: il falso Sé è sfortunato:
«Mi fa paura guardarmi indietro: quanti cambiamenti, sfortune varie, quanti errori».
Ma il vero Sé (nel dialogo autocomunicativo) è fortunato, come nella frase conclusiva:
«Come sono fortunata!»
Tutta intenta in questo dialogo interno tra falso Sé e vero Sé, un dialogo vero e proprio che in certi passi si esplicita con vere battute di discorso diretto:
«Cos'altro potrei dirgli?» pensò la principessa.
la principessa è totalmente incapace di empatia, cosa che le permette di vivere benissimo sotto la copertura del destino sfortunato. Nel suo narcisismo ottuso si preoccupa unicamente che le sue penne siano lucide e colorate, facendo a gara con l'uccellino».