Rappresentazioni e pratiche corporee. Riflessioni sull’ambiguità del sacro

Published in Sociologia n. 2/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio

Nonfiction, Social & Cultural Studies, Social Science, Sociology
Cover of the book Rappresentazioni e pratiche corporee. Riflessioni sull’ambiguità del sacro by Salvatore La Mendola, Gangemi Editore
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Author: Salvatore La Mendola ISBN: 9788849243710
Publisher: Gangemi Editore Publication: April 11, 2019
Imprint: Gangemi Editore Language: Italian
Author: Salvatore La Mendola
ISBN: 9788849243710
Publisher: Gangemi Editore
Publication: April 11, 2019
Imprint: Gangemi Editore
Language: Italian

Invito il lettore e la lettrice a prendere visione di due opere d’arte di diversa storia e legittimazione artistica prese in considerazione come indizi emblematici di processi culturali sociologicamente rilevanti riguardanti la sfera del sacro. Il tutto per contribuire a mostrare gli aspetti di intrinseca ambiguità di questa categoria per come è intesa di solito quale sfera contrapposta al profano. Il primo è il dipinto a olio su tela di Tiziano del 1515 noto con il titolo di Amor sacro e Amor profano. Un quadro che ha avuto molteplici interpretazioni non necessariamente tutte in conflitto tra loro. Per esempio, Panofsky (1969) richiamandosi a Ficino ne propone una in chiave neoplatonica. Alla donna vestita viene attribuita l’idea di venere terrestre a indicare la forza generatrice: è una donna agghindata com’era uso nella pubblica vanità, quindi esprime l’dea del profano. La donna nuda rappresenterebbe la venere divina, simbolo di bellezza eterna, universale, sacra, una sorta di Sofia, di sapienza: solleva un braciere acceso, simbolo, tra altro, di illuminazione spirituale. Non ha bisogno di coperture: si presenta nella sua nuda semplicità. Si tratta di due figure non necessariamente antinomiche, né in conflitto tra loro: tant’è che nel titolo – in realtà attribuito dai curatori della galleria in epoca tarda – viene utilizzata la congiuntiva e, non la disgiuntiva o. Sarebbero così espressione delle due facce dell’Amore: l’ammirazione per la bellezza terrena, specchio di quella celeste – data la somiglianza delle due donne – preluderebbe alla perfezione ultraterrena attraverso un percorso di ascesi. Le due figure rappresenterebbero due gradi dell’amore. Il sacro sarebbe la tappa finale di tale processo, tramite il passaggio da una figura all’altra: si ha quindi una svalutazione della sacralità della donna vestita, mondana, e la valorizzazione della figura nuda, extra-mondana. Profano e sacro resterebbero sì due sfere connesse, ma l’una tappa seguirebbe l’altra e la trascenderebbe: il sacro corrisponderebbe all’allontanamento dal profano. È una questione sociologicamente rilevante che pone interrogativi da diversi punti di vista, sia in termini categoriali, sia di interpretazione delle pratiche e delle correnti cultural-religiose.

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Invito il lettore e la lettrice a prendere visione di due opere d’arte di diversa storia e legittimazione artistica prese in considerazione come indizi emblematici di processi culturali sociologicamente rilevanti riguardanti la sfera del sacro. Il tutto per contribuire a mostrare gli aspetti di intrinseca ambiguità di questa categoria per come è intesa di solito quale sfera contrapposta al profano. Il primo è il dipinto a olio su tela di Tiziano del 1515 noto con il titolo di Amor sacro e Amor profano. Un quadro che ha avuto molteplici interpretazioni non necessariamente tutte in conflitto tra loro. Per esempio, Panofsky (1969) richiamandosi a Ficino ne propone una in chiave neoplatonica. Alla donna vestita viene attribuita l’idea di venere terrestre a indicare la forza generatrice: è una donna agghindata com’era uso nella pubblica vanità, quindi esprime l’dea del profano. La donna nuda rappresenterebbe la venere divina, simbolo di bellezza eterna, universale, sacra, una sorta di Sofia, di sapienza: solleva un braciere acceso, simbolo, tra altro, di illuminazione spirituale. Non ha bisogno di coperture: si presenta nella sua nuda semplicità. Si tratta di due figure non necessariamente antinomiche, né in conflitto tra loro: tant’è che nel titolo – in realtà attribuito dai curatori della galleria in epoca tarda – viene utilizzata la congiuntiva e, non la disgiuntiva o. Sarebbero così espressione delle due facce dell’Amore: l’ammirazione per la bellezza terrena, specchio di quella celeste – data la somiglianza delle due donne – preluderebbe alla perfezione ultraterrena attraverso un percorso di ascesi. Le due figure rappresenterebbero due gradi dell’amore. Il sacro sarebbe la tappa finale di tale processo, tramite il passaggio da una figura all’altra: si ha quindi una svalutazione della sacralità della donna vestita, mondana, e la valorizzazione della figura nuda, extra-mondana. Profano e sacro resterebbero sì due sfere connesse, ma l’una tappa seguirebbe l’altra e la trascenderebbe: il sacro corrisponderebbe all’allontanamento dal profano. È una questione sociologicamente rilevante che pone interrogativi da diversi punti di vista, sia in termini categoriali, sia di interpretazione delle pratiche e delle correnti cultural-religiose.

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