Perché briganti?
La vera storia del "brigante" Giuseppe Villella di Motta S. Lucia (CZ)
Nonfiction, History, Italy
Con questa ricerca storica “Perché Briganti?, gli autori descrivono il fenomeno del brigantaggio in Italia prima dell’Unità e partendo dai periodi più remoti, con particolare riferimento alla Calabria, distinguendo quello ordinario, costituito da organizzazioni malavitose dedite alla grassazione, perpetrate nelle campagne o sulle montagne, ma che più spesso agiva lungo le vie di comunicazione tra i centri abitati ai danni di inermi viandanti, da quelli derivanti da insofferenze sociali e passati per bassi fenomeni di banditismo come è il caso di quello di recente memoria post unitaria e definito dalla letteratura italiana come un “…..ampio fenomeno misto di banditismo e di ribellione politico sociale nelle campagne del Mezzogiorno, dopo l'unificazione italiana che, con l'imposizione di misure amministrative e fiscali di particolare durezza, ivi comprese la completa abolizione dei secolari usi comuni delle terre a tutto vantaggio del latifondo, di grandi dimensioni ma solitamente mal coltivato ed adibito a colture estensive, che diede esca alla propaganda filoborbonica e clericale, ostile al nuovo stato liberale e a sua volta incapace di una politica che non fosse di pura repressione. Le bande di briganti, che già costituivano un male endemico di quelle campagne, si ingrossarono rapidamente, raggiungendo le migliaia di unità e dando vita a episodi di violenza cieca e raccapricciante ma anche all'occupazione temporanea di interi e popolosi centri fino al rischio di unificarsi in un esercito insurrezionale. Gli Autori demoliscono, documenti alla mano, questa visione parziale del fenomeno dimostrando che essa è frutto di una sterile propaganda volta alla santificazione del processo di unificazione italiana, ossia del risorgimento tra il 1860 ed il 1970. Per la storiografia ufficiale italiana sono considerati “briganti” gli aderenti all'insurrezione armata che si ebbe nel Meridione, nel 1799 e nel 1806 durante le invasioni francesi mentre al contrario le identiche insorgenze antifrancesi nel Settentrione d’Italia sono indicate come patriottiche. Anche la rivolta dei contadini nei confronti dei “galantuomini”, fu brutalmente repressa durante il breve regno di G. Murat e tacciata di brigantaggio così come la rivolta sociale, religiosa e politica, promossa nel Sud da pastori, contadini, legittimisti e soldati sbandati dell'esercito borbonico che si opposero alla dura e feroce repressione dei piemontesi dopo la proclamazione dell’Unità del 17 marzo 1861. La ricerca continua con il fenomeno del “brigantaggio” in Italia, prima e dopo l’Unità, con un processo politico e “presunto brigantaggio” a Motta S. Lucia prima dell’Unita’, con la vera storia su Giuseppe Villella, accusato ingiustamente di brigantaggio ma totalmente estraneo a fatti malavitosi e nella parte finale con l’appendice con dove vengono riportati documenti inerenti... Domenico Iannantuoni - Francesco Antonio Cefalì Lamezia Terme, gennaio 2014
Con questa ricerca storica “Perché Briganti?, gli autori descrivono il fenomeno del brigantaggio in Italia prima dell’Unità e partendo dai periodi più remoti, con particolare riferimento alla Calabria, distinguendo quello ordinario, costituito da organizzazioni malavitose dedite alla grassazione, perpetrate nelle campagne o sulle montagne, ma che più spesso agiva lungo le vie di comunicazione tra i centri abitati ai danni di inermi viandanti, da quelli derivanti da insofferenze sociali e passati per bassi fenomeni di banditismo come è il caso di quello di recente memoria post unitaria e definito dalla letteratura italiana come un “…..ampio fenomeno misto di banditismo e di ribellione politico sociale nelle campagne del Mezzogiorno, dopo l'unificazione italiana che, con l'imposizione di misure amministrative e fiscali di particolare durezza, ivi comprese la completa abolizione dei secolari usi comuni delle terre a tutto vantaggio del latifondo, di grandi dimensioni ma solitamente mal coltivato ed adibito a colture estensive, che diede esca alla propaganda filoborbonica e clericale, ostile al nuovo stato liberale e a sua volta incapace di una politica che non fosse di pura repressione. Le bande di briganti, che già costituivano un male endemico di quelle campagne, si ingrossarono rapidamente, raggiungendo le migliaia di unità e dando vita a episodi di violenza cieca e raccapricciante ma anche all'occupazione temporanea di interi e popolosi centri fino al rischio di unificarsi in un esercito insurrezionale. Gli Autori demoliscono, documenti alla mano, questa visione parziale del fenomeno dimostrando che essa è frutto di una sterile propaganda volta alla santificazione del processo di unificazione italiana, ossia del risorgimento tra il 1860 ed il 1970. Per la storiografia ufficiale italiana sono considerati “briganti” gli aderenti all'insurrezione armata che si ebbe nel Meridione, nel 1799 e nel 1806 durante le invasioni francesi mentre al contrario le identiche insorgenze antifrancesi nel Settentrione d’Italia sono indicate come patriottiche. Anche la rivolta dei contadini nei confronti dei “galantuomini”, fu brutalmente repressa durante il breve regno di G. Murat e tacciata di brigantaggio così come la rivolta sociale, religiosa e politica, promossa nel Sud da pastori, contadini, legittimisti e soldati sbandati dell'esercito borbonico che si opposero alla dura e feroce repressione dei piemontesi dopo la proclamazione dell’Unità del 17 marzo 1861. La ricerca continua con il fenomeno del “brigantaggio” in Italia, prima e dopo l’Unità, con un processo politico e “presunto brigantaggio” a Motta S. Lucia prima dell’Unita’, con la vera storia su Giuseppe Villella, accusato ingiustamente di brigantaggio ma totalmente estraneo a fatti malavitosi e nella parte finale con l’appendice con dove vengono riportati documenti inerenti... Domenico Iannantuoni - Francesco Antonio Cefalì Lamezia Terme, gennaio 2014