Mengaldo torna a cimentarsi con Leopardi, poeta prediletto, anzi, come lui stesso scrive, «il maggiore, e di gran lunga, lirico italiano dell’età moderna». Avvalendosi di raffinate conoscenze di linguistica e stilistica, tocca alcuni aspetti complessivi della poetica leopardiana (uno fra tutti: il carattere «antiromantico» del suo percorso), le costanti della lingua e della metrica dei «Canti» (l’abbondanza, per esempio, di rime baciate), infine la natura profonda di tre testi fra i più significativi della raccolta: «La sera del dì di festa», «A Silvia» e «La quiete dopo la tempesta». Ne risulta un’indagine in cui ciascun dato testuale e formale rimanda costantemente ad altro: un pensiero fermo e originalissimo che pervade ogni singola lirica del poeta di Recanati.
Mengaldo torna a cimentarsi con Leopardi, poeta prediletto, anzi, come lui stesso scrive, «il maggiore, e di gran lunga, lirico italiano dell’età moderna». Avvalendosi di raffinate conoscenze di linguistica e stilistica, tocca alcuni aspetti complessivi della poetica leopardiana (uno fra tutti: il carattere «antiromantico» del suo percorso), le costanti della lingua e della metrica dei «Canti» (l’abbondanza, per esempio, di rime baciate), infine la natura profonda di tre testi fra i più significativi della raccolta: «La sera del dì di festa», «A Silvia» e «La quiete dopo la tempesta». Ne risulta un’indagine in cui ciascun dato testuale e formale rimanda costantemente ad altro: un pensiero fermo e originalissimo che pervade ogni singola lirica del poeta di Recanati.