Author: | Alessandra Massa, Giuseppe Anzera, Giovanna Gianturco, Patrizia Laurano | ISBN: | 9788849243574 |
Publisher: | Gangemi Editore | Publication: | April 4, 2019 |
Imprint: | Gangemi Editore | Language: | Italian |
Author: | Alessandra Massa, Giuseppe Anzera, Giovanna Gianturco, Patrizia Laurano |
ISBN: | 9788849243574 |
Publisher: | Gangemi Editore |
Publication: | April 4, 2019 |
Imprint: | Gangemi Editore |
Language: | Italian |
Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | Durante gli anni Novanta, a seguito della disgregazione dell’Unione Sovietica e della fine del confronto bipolare, numerosi analisti si sono trovati di fronte alla necessità di argomentare (e sostenere) la persistenza del ruolo statunitense negli affari internazionali in un mondo multicentrico, caratterizzato dai flussi dell’interdipendenza complessa e in cui la necessità e il peso del potere militare statale si affievolivano progressivamente (anche in virtù di una tendenziale ‘democratizzazione’ delle minacce). In tale contesto Joseph Nye (1990, 2005, 2012) conia il concetto, che avrà una decisa fortuna divulgativa, noto come soft power. Il potere, sostiene, si slega dalle fortune del capitale per rivolgersi verso la ricchezza dell’informazione. Infatti, la tradizionale politica statocentrica aveva fondato la sua ragion d’essere, e le leve dell’influenza, sulle dimensioni territoriali, militari ed economiche (racchiuse nei dettami dell’hard power), insistendo sulle risorse tangibili come perno della coercizione, trasformandosi in veicolo di predizione dei successi internazionali. A fronte di uno scenario che vede non solo il moltiplicarsi degli attori, ma una crescente competenza delle opinioni pubbliche nella valutazione delle questioni non domestiche, tali forme di potere sembrerebbero non bastare più. Dalla costrizione, quindi si passa a una forma di cooptazione basata sugli attributi dell’agente. Il ‘fascino’ esercitato da valori, stili di conduzione della politica estera, cultura, contribuisce al meccanismo di attrazione attraverso il quale giungere a forme di modellamento dello spazio della discussione internazionale. Questo può realizzarsi per vie tendenzialmente indirette, come accade quando si tenta di influenzare le opinioni pubbliche affinché facciano pressioni sui loro governi domestici per accettare i dettami internazionali proposti da un altro stato, oppure, semplicemente, affinché non dimostrino aperta ostilità; fino ad arrivare alla strutturazione dell’agenda internazionale, agendo sul meta-power (Lukes, 2005) come forma di determinazione dei temi di discussione e di deliberazione. Il soft power, dunque, si risolve nella capacità di plasmare le preferenze altrui e di modellare le aspirazioni in un processo emulativo, delineando le priorità delle discussioni in abito istituzionale, determinandone linguaggio e inclinazioni (valoriali e operative). In aggiunta, parte dell’azione governativa si indirizza verso il modellamento dell’ambiente mediale, suggerendo le questioni all’ordine del giorno (lavorando, tramite il news management, sull’agenda setting), e la linea interpretativa più incline alla propria proiezione internazionale, insistendo sul processo di framing.
Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | Durante gli anni Novanta, a seguito della disgregazione dell’Unione Sovietica e della fine del confronto bipolare, numerosi analisti si sono trovati di fronte alla necessità di argomentare (e sostenere) la persistenza del ruolo statunitense negli affari internazionali in un mondo multicentrico, caratterizzato dai flussi dell’interdipendenza complessa e in cui la necessità e il peso del potere militare statale si affievolivano progressivamente (anche in virtù di una tendenziale ‘democratizzazione’ delle minacce). In tale contesto Joseph Nye (1990, 2005, 2012) conia il concetto, che avrà una decisa fortuna divulgativa, noto come soft power. Il potere, sostiene, si slega dalle fortune del capitale per rivolgersi verso la ricchezza dell’informazione. Infatti, la tradizionale politica statocentrica aveva fondato la sua ragion d’essere, e le leve dell’influenza, sulle dimensioni territoriali, militari ed economiche (racchiuse nei dettami dell’hard power), insistendo sulle risorse tangibili come perno della coercizione, trasformandosi in veicolo di predizione dei successi internazionali. A fronte di uno scenario che vede non solo il moltiplicarsi degli attori, ma una crescente competenza delle opinioni pubbliche nella valutazione delle questioni non domestiche, tali forme di potere sembrerebbero non bastare più. Dalla costrizione, quindi si passa a una forma di cooptazione basata sugli attributi dell’agente. Il ‘fascino’ esercitato da valori, stili di conduzione della politica estera, cultura, contribuisce al meccanismo di attrazione attraverso il quale giungere a forme di modellamento dello spazio della discussione internazionale. Questo può realizzarsi per vie tendenzialmente indirette, come accade quando si tenta di influenzare le opinioni pubbliche affinché facciano pressioni sui loro governi domestici per accettare i dettami internazionali proposti da un altro stato, oppure, semplicemente, affinché non dimostrino aperta ostilità; fino ad arrivare alla strutturazione dell’agenda internazionale, agendo sul meta-power (Lukes, 2005) come forma di determinazione dei temi di discussione e di deliberazione. Il soft power, dunque, si risolve nella capacità di plasmare le preferenze altrui e di modellare le aspirazioni in un processo emulativo, delineando le priorità delle discussioni in abito istituzionale, determinandone linguaggio e inclinazioni (valoriali e operative). In aggiunta, parte dell’azione governativa si indirizza verso il modellamento dell’ambiente mediale, suggerendo le questioni all’ordine del giorno (lavorando, tramite il news management, sull’agenda setting), e la linea interpretativa più incline alla propria proiezione internazionale, insistendo sul processo di framing.