La rimozione

Storia di Giuseppe Tavecchio, vittima dimenticata degli anni di piombo

Nonfiction, Social & Cultural Studies, Political Science, Biography & Memoir
Cover of the book La rimozione by Andrea Kerbaker, Marsilio
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Author: Andrea Kerbaker ISBN: 9788831740395
Publisher: Marsilio Publication: March 10, 2016
Imprint: Marsilio Language: Italian
Author: Andrea Kerbaker
ISBN: 9788831740395
Publisher: Marsilio
Publication: March 10, 2016
Imprint: Marsilio
Language: Italian

Nel marzo del 1972, un pomeriggio di sabato, Giuseppe Tavecchio, milanese, sessant'anni, pensionato, se ne esce a fare una commissione. A Milano è una giornata di scontri violentissimi tra i manifestanti dell'ultrasinistra e la polizia, con disordini che si protraggono per ore e devastazioni diffuse, incluso l'incendio di alcuni locali della sede del «Corriere della Sera» in via Solferino. Tavecchio passa dal centro durante una pausa dei tumulti; quando, alle cinque e dieci, insieme ad altri pedoni attraversa piazza della Scala, pare un momento di calma. Se non fosse che all'improvviso, senza alcuna ragione comprensibile, da una camionetta della polizia partono alcuni lacrimogeni verso quel gruppetto di persone inermi. Un candelotto, sparato ad altezza d'uomo, raggiunge al collo Tavecchio, che morirà tre giorni dopo senza aver ripreso conoscenza. È una vicenda tragica, che tutti dovremmo conoscere e ricordare. E invece no; perché uno che muore in questo modo non trova nessuno che abbia interesse a perpetuarne la memoria: ovviamente non lo Stato, che, per averne causato la morte, vuole soprattutto farlo dimenticare; non la politica, perché - se i militanti caduti negli scontri si onorano continuamente nel ricordo - sui passanti ammazzati per sbaglio, inutili alla causa, si sorvola con elegante indifferenza; e non i media, visto che un morto così fa ben poca notizia. Sicché ancora oggi il nome di Tavecchio è pressoché assente nelle cronache di quei giorni, comprese quelle in rete; e a ricordarlo non c'è neppure una lapide, di quelle che a Milano rievocano tutte le vittime del periodo, in un lungo cammino di lutti, rimpianti e dolori che l'autore percorre senza eccezioni. È una storia che tra i suoi comprimari vede anche tanti protagonisti di quell'epoca - dal commissario Calabresi a Giovanni Spadolini, da Pasolini a Marco Bellocchio - ma al centro ha solo lui, il pensionato Tavecchio, con la sua vita dall'esito drammatico che questa ricognizione a tappeto ha permesso di ripescare dall'anonimato.

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Nel marzo del 1972, un pomeriggio di sabato, Giuseppe Tavecchio, milanese, sessant'anni, pensionato, se ne esce a fare una commissione. A Milano è una giornata di scontri violentissimi tra i manifestanti dell'ultrasinistra e la polizia, con disordini che si protraggono per ore e devastazioni diffuse, incluso l'incendio di alcuni locali della sede del «Corriere della Sera» in via Solferino. Tavecchio passa dal centro durante una pausa dei tumulti; quando, alle cinque e dieci, insieme ad altri pedoni attraversa piazza della Scala, pare un momento di calma. Se non fosse che all'improvviso, senza alcuna ragione comprensibile, da una camionetta della polizia partono alcuni lacrimogeni verso quel gruppetto di persone inermi. Un candelotto, sparato ad altezza d'uomo, raggiunge al collo Tavecchio, che morirà tre giorni dopo senza aver ripreso conoscenza. È una vicenda tragica, che tutti dovremmo conoscere e ricordare. E invece no; perché uno che muore in questo modo non trova nessuno che abbia interesse a perpetuarne la memoria: ovviamente non lo Stato, che, per averne causato la morte, vuole soprattutto farlo dimenticare; non la politica, perché - se i militanti caduti negli scontri si onorano continuamente nel ricordo - sui passanti ammazzati per sbaglio, inutili alla causa, si sorvola con elegante indifferenza; e non i media, visto che un morto così fa ben poca notizia. Sicché ancora oggi il nome di Tavecchio è pressoché assente nelle cronache di quei giorni, comprese quelle in rete; e a ricordarlo non c'è neppure una lapide, di quelle che a Milano rievocano tutte le vittime del periodo, in un lungo cammino di lutti, rimpianti e dolori che l'autore percorre senza eccezioni. È una storia che tra i suoi comprimari vede anche tanti protagonisti di quell'epoca - dal commissario Calabresi a Giovanni Spadolini, da Pasolini a Marco Bellocchio - ma al centro ha solo lui, il pensionato Tavecchio, con la sua vita dall'esito drammatico che questa ricognizione a tappeto ha permesso di ripescare dall'anonimato.

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