Jakov, il figlio di Stalin partigiano in Italia

La discendenza di Stalin in Italia

Nonfiction, History, Revolutionary, Military, World War II
Cover of the book Jakov, il figlio di Stalin partigiano in Italia by Lucio Tarzariol, Lucio Tarzariol
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Author: Lucio Tarzariol ISBN: 9788828319542
Publisher: Lucio Tarzariol Publication: May 3, 2018
Imprint: Language: Italian
Author: Lucio Tarzariol
ISBN: 9788828319542
Publisher: Lucio Tarzariol
Publication: May 3, 2018
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In questa ricerca Lucio Tarzariol, assieme ad Alessandra Zambon, nipote diretta del “Capitano Monti”, alias Jakov Josifovič Džugašvili Stalin, mette in evidenza l’oscura vicenda della doppia identità del partigiano russo morto in Italia fra le colline della provincia di Treviso nel 1945. Nello specifico, oltre a raccontare la vicenda storica partigiana accaduta fra le colline di Vittorio Veneto e Tarzo, viene trattato, attraverso ricerche inedite, testimonianze e interviste, il fondato e sconvolgente sospetto di uno scambio di identità servito da alibi per fuggire a Jakov Džugašvili, il figlio maggiore di Stalin, ufficialmente creduto morto in Germania, ma in realtà fuggito in Italia sotto il nome di Giorgi Dimitris dze Varazashvili, conosciuto tra le fila partigiane con il nome di “Capitano Monti”. Molte le vicende, le testimonianze, i fatti e le recenti prove che portano a pensare che il “Capitano Monti” sia stato in realtà proprio Jakov  Džugašvili, figlio naturale di Stalin; dalla scomparsa del corpo nel cimitero di Tovena, alle varie testimonianze raccolte da chi gli era vicino, dai rastrellamenti nazifascisti e dalle visite dell’ambasciata russa in casa dell’allora fidanzata Paola Liessi, con lo scopo e l’intento di portargli via il figlio che aveva concepito con il capitano “Monti”, e non per ultimo la falange del dito indice che doveva mancare al “Monti”, mentre nelle foto appare con tutte le dita; e ancora la scomparsa dei fascicoli riguardanti lo stesso “Monti” a Roma, al quale fu concessa anche la medaglia al valor militare. L’intervista alla RAI a Svetlana, figlia di Stalin, sospesa a metà, l’incredibile somiglianza del capitano “Monti” e la sua discendenza con la famiglia Stalin, senza trascurare i tratti caratteriali del “Monti” che combaciano perfettamente con quelli di Jakov. La notizia pare essere ben fondata e documentata, tutto torna su un'unica “logica”: il capitano “Monti”, “prima volutamente e poi erroneamente” identificato in “Giorgi Dimitris dze Varazashvili”, era in realtà Jakov Džugašvili, figlio maggiore di Stalin, ed era in Italia fin dal luglio del 1944; tessé una relazione con Paola Liessi da cui nacque il piccolo Giorgio “un discendente di Stalin in Italia”. Il necessario esame del DNA sarebbe l’ultima prova fondante e definitiva a chiarire questa incredibile e intricata vicenda che ha fatto discutere i giornali per anni. Dulcis in fundo, le ultime prove fotografiche e l’inedita dichiarazione su uno scambio di piastrina di Jakov Džugašvili, cosa evidenziata nella lettera inedita di Bartolomeo De Zorzi, personaggio appartenente ai servizi segreti italiani, inviata nel 1988, prima di morire, a Giorgio Zambon, figlio del Capitano Monti – dalla quale si evince che lo stesso Capitano Monti era in realtà Jakov Džugašvili, il figlio di Stalin, e doveva essere catturato vivo dai nazifascisti.

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In questa ricerca Lucio Tarzariol, assieme ad Alessandra Zambon, nipote diretta del “Capitano Monti”, alias Jakov Josifovič Džugašvili Stalin, mette in evidenza l’oscura vicenda della doppia identità del partigiano russo morto in Italia fra le colline della provincia di Treviso nel 1945. Nello specifico, oltre a raccontare la vicenda storica partigiana accaduta fra le colline di Vittorio Veneto e Tarzo, viene trattato, attraverso ricerche inedite, testimonianze e interviste, il fondato e sconvolgente sospetto di uno scambio di identità servito da alibi per fuggire a Jakov Džugašvili, il figlio maggiore di Stalin, ufficialmente creduto morto in Germania, ma in realtà fuggito in Italia sotto il nome di Giorgi Dimitris dze Varazashvili, conosciuto tra le fila partigiane con il nome di “Capitano Monti”. Molte le vicende, le testimonianze, i fatti e le recenti prove che portano a pensare che il “Capitano Monti” sia stato in realtà proprio Jakov  Džugašvili, figlio naturale di Stalin; dalla scomparsa del corpo nel cimitero di Tovena, alle varie testimonianze raccolte da chi gli era vicino, dai rastrellamenti nazifascisti e dalle visite dell’ambasciata russa in casa dell’allora fidanzata Paola Liessi, con lo scopo e l’intento di portargli via il figlio che aveva concepito con il capitano “Monti”, e non per ultimo la falange del dito indice che doveva mancare al “Monti”, mentre nelle foto appare con tutte le dita; e ancora la scomparsa dei fascicoli riguardanti lo stesso “Monti” a Roma, al quale fu concessa anche la medaglia al valor militare. L’intervista alla RAI a Svetlana, figlia di Stalin, sospesa a metà, l’incredibile somiglianza del capitano “Monti” e la sua discendenza con la famiglia Stalin, senza trascurare i tratti caratteriali del “Monti” che combaciano perfettamente con quelli di Jakov. La notizia pare essere ben fondata e documentata, tutto torna su un'unica “logica”: il capitano “Monti”, “prima volutamente e poi erroneamente” identificato in “Giorgi Dimitris dze Varazashvili”, era in realtà Jakov Džugašvili, figlio maggiore di Stalin, ed era in Italia fin dal luglio del 1944; tessé una relazione con Paola Liessi da cui nacque il piccolo Giorgio “un discendente di Stalin in Italia”. Il necessario esame del DNA sarebbe l’ultima prova fondante e definitiva a chiarire questa incredibile e intricata vicenda che ha fatto discutere i giornali per anni. Dulcis in fundo, le ultime prove fotografiche e l’inedita dichiarazione su uno scambio di piastrina di Jakov Džugašvili, cosa evidenziata nella lettera inedita di Bartolomeo De Zorzi, personaggio appartenente ai servizi segreti italiani, inviata nel 1988, prima di morire, a Giorgio Zambon, figlio del Capitano Monti – dalla quale si evince che lo stesso Capitano Monti era in realtà Jakov Džugašvili, il figlio di Stalin, e doveva essere catturato vivo dai nazifascisti.

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