Italiani dovete morire

Nonfiction, History, European General
Cover of the book Italiani dovete morire by Alfio Caruso, Longanesi
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Author: Alfio Caruso ISBN: 9788830435711
Publisher: Longanesi Publication: September 6, 2012
Imprint: Longanesi Language: Italian
Author: Alfio Caruso
ISBN: 9788830435711
Publisher: Longanesi
Publication: September 6, 2012
Imprint: Longanesi
Language: Italian
«Dopo cinquantasette anni ci sono ancora notti in cui mi ritrovo a Cefalonia, in cui rivedo Matteri e Cortesi che non vogliono saperne di togliersi la divisa di ufficiale.» Così ricorda uno dei pochi superstiti ancora in vita dell'orrendo massacro perpetrato dalla Wehrmacht contro la divisione Acqui nell'isola di Cefalonia, vicino alla costa occidentale della Grecia, all'indomani dell'armistizio che l'8 settembre 1943 lasciò l'esercito italiano abbandonato a se stesso, in balìa della Storia. Gli ufficiali della Acqui, pur ignorando le dimensioni dello sfascio, percepirono nettamente il senso di abbandono contenuto nel comunicato di Badoglio. Il loro comandante, generale Antonio Gandin, fu in quell'ora il comandante più solo al mondo. Ha l'umanissima debolezza d'inseguire una soluzione che lo soddisfi come uomo e come soldato. Dovendo decidere in un drammatico faccia a faccia con la propria coscienza, purtroppo non decide: «resterà a metà tra il cuore, che gli dice che una divisione non cede le armi, e la ragione, che gli dice che è follia pura andare contro i tedeschi. Rimarrà avviluppato da questa incertezza», consumando una settimana alla disperata ricerca di un compromesso, tra opportunismi e piccole furbizie. Gli 11.700 «figli di mamma» ai suoi ordini, ciascuno con la sua piccola storia, erano contadini, operai, impiegati, professori, ingegneri costretti dalla sorte a trasformarsi in guerrieri per tener fede a un giuramento. Chiamati a dover scegliere tra la vita e l'onore, scelsero l'onore sacrificando la vita e scrivendo probabilmente - come afferma Alfio Caruso, che ha ricostruito la tragica sequenza di quelle giornate con rigore storico e un'appassionata partecipazione personale agli eventi - «la pagina più nobile dell'esercito italiano durante la seconda guerra mondiale». Un privilegio costato 9406 morti: oltre 1300 caddero durante gli accaniti combattimenti che si svilupparono in tutta l'isola, in particolare tra il 15 e il 22 settembre, oltre 5000 vennero passati per le armi o fucilati dopo la resa, altri 3000, fatti prigionieri, scomparvero in mare a bordo di tre navi che urtarono delle mine. In quei giorni dell'ira, i tedeschi disposero a piacimento dell'esistenza altrui, calpestando ogni codice di comportamento, umano prima ancora che militare: «vivere o morire a Cefalonia diventò un'estrazione alla lotteria della buona e della cattiva sorte». Ancora oggi, quando vedono alzarsi da qualche parte una colonna di fumo, i vecchi dell'isola dicono: «È la divisione Acqui che sale in cielo».
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«Dopo cinquantasette anni ci sono ancora notti in cui mi ritrovo a Cefalonia, in cui rivedo Matteri e Cortesi che non vogliono saperne di togliersi la divisa di ufficiale.» Così ricorda uno dei pochi superstiti ancora in vita dell'orrendo massacro perpetrato dalla Wehrmacht contro la divisione Acqui nell'isola di Cefalonia, vicino alla costa occidentale della Grecia, all'indomani dell'armistizio che l'8 settembre 1943 lasciò l'esercito italiano abbandonato a se stesso, in balìa della Storia. Gli ufficiali della Acqui, pur ignorando le dimensioni dello sfascio, percepirono nettamente il senso di abbandono contenuto nel comunicato di Badoglio. Il loro comandante, generale Antonio Gandin, fu in quell'ora il comandante più solo al mondo. Ha l'umanissima debolezza d'inseguire una soluzione che lo soddisfi come uomo e come soldato. Dovendo decidere in un drammatico faccia a faccia con la propria coscienza, purtroppo non decide: «resterà a metà tra il cuore, che gli dice che una divisione non cede le armi, e la ragione, che gli dice che è follia pura andare contro i tedeschi. Rimarrà avviluppato da questa incertezza», consumando una settimana alla disperata ricerca di un compromesso, tra opportunismi e piccole furbizie. Gli 11.700 «figli di mamma» ai suoi ordini, ciascuno con la sua piccola storia, erano contadini, operai, impiegati, professori, ingegneri costretti dalla sorte a trasformarsi in guerrieri per tener fede a un giuramento. Chiamati a dover scegliere tra la vita e l'onore, scelsero l'onore sacrificando la vita e scrivendo probabilmente - come afferma Alfio Caruso, che ha ricostruito la tragica sequenza di quelle giornate con rigore storico e un'appassionata partecipazione personale agli eventi - «la pagina più nobile dell'esercito italiano durante la seconda guerra mondiale». Un privilegio costato 9406 morti: oltre 1300 caddero durante gli accaniti combattimenti che si svilupparono in tutta l'isola, in particolare tra il 15 e il 22 settembre, oltre 5000 vennero passati per le armi o fucilati dopo la resa, altri 3000, fatti prigionieri, scomparvero in mare a bordo di tre navi che urtarono delle mine. In quei giorni dell'ira, i tedeschi disposero a piacimento dell'esistenza altrui, calpestando ogni codice di comportamento, umano prima ancora che militare: «vivere o morire a Cefalonia diventò un'estrazione alla lotteria della buona e della cattiva sorte». Ancora oggi, quando vedono alzarsi da qualche parte una colonna di fumo, i vecchi dell'isola dicono: «È la divisione Acqui che sale in cielo».

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