Cinthia Pinotti

Il colore del sé

Nonfiction, Art & Architecture, General Art, Collections, Catalogues, & Exhibitions, Home & Garden, Crafts & Hobbies, Art Technique, Painting
Cover of the book Cinthia Pinotti by AA. VV., Gangemi Editore
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Author: AA. VV. ISBN: 9788849299946
Publisher: Gangemi Editore Publication: February 3, 2016
Imprint: Gangemi Editore Language: Italian
Author: AA. VV.
ISBN: 9788849299946
Publisher: Gangemi Editore
Publication: February 3, 2016
Imprint: Gangemi Editore
Language: Italian

Catalogo della mostra presso il Complesso del Vittoriano di Roma dal 14 al 28 gennaio 2015 Il lavoro artistico di Cinthia Pinotti è stato fino a poco tempo fa privatissimo, inteso come una sorta di diario che non registra vicende precise ma stati d’animo, momenti di meditazione, di passione, di attesa. L’autrice dipinge da molto tempo ma solo di recente ha sentito l’esigenza di esporre e, conseguentemente, di “esporsi” al giudizio di tutti noi. Non per questo le opere eseguite fino a oggi cambiano di senso quando vengono presentate a un pubblico di intenditori e di appassionati. Ma è probabile che, allora, cambi il punto di vista dell’autrice sulla sua stessa opera e questo solo fatto possa condizionare chi ne prende visione, sia pure a un livello inconscio, perché il visitatore non è tenuto a sapere niente dil presupposti su cui le opere sono nate. Il visitatore più soltanto notare come i quadri della Pinotti siano pensati e formulati quali trasposizioni astratte di uno sguardo che appena si posa sulla realtà circostante, lo distoglie subito per riprodurre sulla tela soltanto gli echi di quello stesso senso di fugacità con cui le cose del mondo vengono sempre inevitabilmente viste. Spesso non ci si pensa ma la maggior parte delle percezioni che noi abbiamo nel corso di una normale giornata in qualsivoglia parte del mondo, all’aperto o al chiuso, sono veloci se non velocissime. Specie adesso l’uso di internet e di mezzi sempre più incalzanti sono altrettanti incitamenti a guardare rapidamente e a non vedere mai pacatamente. Certo ognuno, poi, cerca momenti di contemplazione o meditazione, e riesce anche a conseguirli, ma la vita che facciamo ce li complica. E l’autrice tutto questo lo avverte bene nel suo modo di dipingere. I quadri della Pinotti, infatti, sono rapidissimi in quanto a percezione che vi è depositata, ma attentissimi in quanto a stesura. Col tempo l’autrice ha approfondito sempre più il suo mondo di fare. Le sue superfici si sono ispessite, la densità stessa della materia cromatica è cresciuta. E proprio da questo punto di vista si può capire come mai una esperienza così intima e riservata si stia indirizzando verso il dialogo e il confronto con l’altro e con il vivo desiderio di rendere pubblico il proprio lavoro artistico che significa la propria spontaneità, la propria riservatezza, la propria serietà. Lo si può capire captando alcune delle poche e sporadiche osservazioni che l’autrice ha fatto sulla sua arte e che possono dare delle chiavi di lettura appropriate per accostarsi all’insieme della sua opera. Un raro esempio è costituito, in tal senso, dal quadro del Tricolore che le fu commissionato e che la pittrice ha poi eseguito e commentato. Vivendo in una cultura soprattutto giuridica e filosofica, la Pinotti ha considerato l’impresa di dipingere la bandiera nazionale come un compito impegnativo e delicato non solo sul piano estetico ma proprio su quello concettuale. Ha così approfondito la vicenda della bandiera italiana, anche sotto il profilo ideale e ideologico, sia per consolidare un approccio giuridicamente e storicamente fondato, sia per arrivare nel contempo a un risultato esteticamente efficace e coinvolgente. Ha osservato, quindi, come la sua idea non fosse tanto quella di una rappresentazione del simbolo e della virtù allegorizzata dalla bandiera stessa, quanto quella della percezione, tipica forse di qualunque bandiera e del Tricolore italiano in particolare, scaturente dalla inevitabile consuzione della stoffa e dallo sventolio. La bandiera, infatti, non è tale se non reca su di sé i segni del tempo che passa e della gloria conseguita a seguito di drammi se non tragedie accumulati intorno a quel nobile simbolo. Ma poi non è tale se non sventola e lo sventolio ne esalta la funzione contribuendo a renderla sempre diversa agli occhi di chi la guarda.

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Catalogo della mostra presso il Complesso del Vittoriano di Roma dal 14 al 28 gennaio 2015 Il lavoro artistico di Cinthia Pinotti è stato fino a poco tempo fa privatissimo, inteso come una sorta di diario che non registra vicende precise ma stati d’animo, momenti di meditazione, di passione, di attesa. L’autrice dipinge da molto tempo ma solo di recente ha sentito l’esigenza di esporre e, conseguentemente, di “esporsi” al giudizio di tutti noi. Non per questo le opere eseguite fino a oggi cambiano di senso quando vengono presentate a un pubblico di intenditori e di appassionati. Ma è probabile che, allora, cambi il punto di vista dell’autrice sulla sua stessa opera e questo solo fatto possa condizionare chi ne prende visione, sia pure a un livello inconscio, perché il visitatore non è tenuto a sapere niente dil presupposti su cui le opere sono nate. Il visitatore più soltanto notare come i quadri della Pinotti siano pensati e formulati quali trasposizioni astratte di uno sguardo che appena si posa sulla realtà circostante, lo distoglie subito per riprodurre sulla tela soltanto gli echi di quello stesso senso di fugacità con cui le cose del mondo vengono sempre inevitabilmente viste. Spesso non ci si pensa ma la maggior parte delle percezioni che noi abbiamo nel corso di una normale giornata in qualsivoglia parte del mondo, all’aperto o al chiuso, sono veloci se non velocissime. Specie adesso l’uso di internet e di mezzi sempre più incalzanti sono altrettanti incitamenti a guardare rapidamente e a non vedere mai pacatamente. Certo ognuno, poi, cerca momenti di contemplazione o meditazione, e riesce anche a conseguirli, ma la vita che facciamo ce li complica. E l’autrice tutto questo lo avverte bene nel suo modo di dipingere. I quadri della Pinotti, infatti, sono rapidissimi in quanto a percezione che vi è depositata, ma attentissimi in quanto a stesura. Col tempo l’autrice ha approfondito sempre più il suo mondo di fare. Le sue superfici si sono ispessite, la densità stessa della materia cromatica è cresciuta. E proprio da questo punto di vista si può capire come mai una esperienza così intima e riservata si stia indirizzando verso il dialogo e il confronto con l’altro e con il vivo desiderio di rendere pubblico il proprio lavoro artistico che significa la propria spontaneità, la propria riservatezza, la propria serietà. Lo si può capire captando alcune delle poche e sporadiche osservazioni che l’autrice ha fatto sulla sua arte e che possono dare delle chiavi di lettura appropriate per accostarsi all’insieme della sua opera. Un raro esempio è costituito, in tal senso, dal quadro del Tricolore che le fu commissionato e che la pittrice ha poi eseguito e commentato. Vivendo in una cultura soprattutto giuridica e filosofica, la Pinotti ha considerato l’impresa di dipingere la bandiera nazionale come un compito impegnativo e delicato non solo sul piano estetico ma proprio su quello concettuale. Ha così approfondito la vicenda della bandiera italiana, anche sotto il profilo ideale e ideologico, sia per consolidare un approccio giuridicamente e storicamente fondato, sia per arrivare nel contempo a un risultato esteticamente efficace e coinvolgente. Ha osservato, quindi, come la sua idea non fosse tanto quella di una rappresentazione del simbolo e della virtù allegorizzata dalla bandiera stessa, quanto quella della percezione, tipica forse di qualunque bandiera e del Tricolore italiano in particolare, scaturente dalla inevitabile consuzione della stoffa e dallo sventolio. La bandiera, infatti, non è tale se non reca su di sé i segni del tempo che passa e della gloria conseguita a seguito di drammi se non tragedie accumulati intorno a quel nobile simbolo. Ma poi non è tale se non sventola e lo sventolio ne esalta la funzione contribuendo a renderla sempre diversa agli occhi di chi la guarda.

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