Author: | Francesco Pira, Matteo Femia | ISBN: | 9788868740276 |
Publisher: | Fausto Lupetti Editore | Publication: | March 10, 2014 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Francesco Pira, Matteo Femia |
ISBN: | 9788868740276 |
Publisher: | Fausto Lupetti Editore |
Publication: | March 10, 2014 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Con la prefazione di Riccardo Cucchi e testimonianze di Italo Cucci, Eleonora Giovio e Daniele Redaelli.
Bruno Pizzul, è uno dei telecronisti più amati della tv italiana. Un uomo schivo che non ama palcoscenici e celebrazioni. Quella di Pizzul è una di quelle storie che sarebbe piaciuta ad Enzo Biagi. Perché è la vita di un italiano vero che da calciatore (ha marcato anche il grande Omar Sivori) prima, e da telecronista dopo, ha girato l’Italia e il mondo. Gli aneddoti, i grandi personaggi che ha conosciuto e incontrato, i suoi valori, un calcio bello da giocare e da raccontare oggi offuscato da terribili ombre e personaggi loschi.
Bruno Pizzul ha narrato a milioni di italiani il calcio pulito come soltanto un grande professionista sa fare. E’ partito da Cormons, cittadina al confine con la Slovenia, ed è arrivato dove ogni buon giornalista sportivo sarebbe voluto arrivare.
I suoi ricordi e i suoi scoop giornalistici, i dialoghi con Nicolò Carosio e la sua enorme passione: la Nazionale. Dalle punizioni al Liceo perché doveva correre a prendere il treno, alle gradite imitazioni in televisione, ed ancora all’amore per il vino.
“Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta ed il battito del cuore di chi ascolta” diceva il poeta e scrittore libanese Gibran Khalil. È forse stata la straordinaria simbiosi che si è creata tra la cantilena familiare della voce di Bruno e l’udito, da essa rassicurato, di milioni di appassionati il segreto del successo popolare di Pizzul. Quasi fosse una forma d’arte, il suo timbro inconfondibile è entrato nell’immaginario di tutti, per decenni, facendone quasi uno di casa. Un abbraccio, quello con la sua voce, dato dal fatto che quella sonorità portava con sé quel garbo e quella saggezza, tipicamente friulani, che lo spettatore riconosceva immediatamente dal suo tono pacato ma competente. E accadeva mentre raccontava un rigore, un’azione, uno scontro di gioco. Nulla a che vedere con le telecronache urlate, frementi, schizofreniche di oggi, che descrivono un calcio talvolta ancora appassionante.
Con la prefazione di Riccardo Cucchi e testimonianze di Italo Cucci, Eleonora Giovio e Daniele Redaelli.
Bruno Pizzul, è uno dei telecronisti più amati della tv italiana. Un uomo schivo che non ama palcoscenici e celebrazioni. Quella di Pizzul è una di quelle storie che sarebbe piaciuta ad Enzo Biagi. Perché è la vita di un italiano vero che da calciatore (ha marcato anche il grande Omar Sivori) prima, e da telecronista dopo, ha girato l’Italia e il mondo. Gli aneddoti, i grandi personaggi che ha conosciuto e incontrato, i suoi valori, un calcio bello da giocare e da raccontare oggi offuscato da terribili ombre e personaggi loschi.
Bruno Pizzul ha narrato a milioni di italiani il calcio pulito come soltanto un grande professionista sa fare. E’ partito da Cormons, cittadina al confine con la Slovenia, ed è arrivato dove ogni buon giornalista sportivo sarebbe voluto arrivare.
I suoi ricordi e i suoi scoop giornalistici, i dialoghi con Nicolò Carosio e la sua enorme passione: la Nazionale. Dalle punizioni al Liceo perché doveva correre a prendere il treno, alle gradite imitazioni in televisione, ed ancora all’amore per il vino.
“Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta ed il battito del cuore di chi ascolta” diceva il poeta e scrittore libanese Gibran Khalil. È forse stata la straordinaria simbiosi che si è creata tra la cantilena familiare della voce di Bruno e l’udito, da essa rassicurato, di milioni di appassionati il segreto del successo popolare di Pizzul. Quasi fosse una forma d’arte, il suo timbro inconfondibile è entrato nell’immaginario di tutti, per decenni, facendone quasi uno di casa. Un abbraccio, quello con la sua voce, dato dal fatto che quella sonorità portava con sé quel garbo e quella saggezza, tipicamente friulani, che lo spettatore riconosceva immediatamente dal suo tono pacato ma competente. E accadeva mentre raccontava un rigore, un’azione, uno scontro di gioco. Nulla a che vedere con le telecronache urlate, frementi, schizofreniche di oggi, che descrivono un calcio talvolta ancora appassionante.