Author: | Massimo L. Salvadori | ISBN: | 9788868432959 |
Publisher: | Donzelli Editore | Publication: | May 27, 2015 |
Imprint: | Donzelli Editore | Language: | Italian |
Author: | Massimo L. Salvadori |
ISBN: | 9788868432959 |
Publisher: | Donzelli Editore |
Publication: | May 27, 2015 |
Imprint: | Donzelli Editore |
Language: | Italian |
«Ciò che sfuggì a Tocqueville fu che negli Stati Uniti, accanto alla rivoluzione democratica, stava prendendo piede una rivoluzione capitalistica fonte delle maggiori diseguaglianze. La democrazia americana sarebbe stata profondamente segnata da una nuova élite, quella dei ricchi e dei ricchissimi». L’11 maggio 1831 il giovane aristocratico francese Alexis de Tocqueville sbarcò a New York, e da lì iniziò un viaggio per gli Stati Uniti terminato il 20 febbraio 1832. Il risultato delle sue osservazioni e riflessioni fu La democrazia in America, la cui prima parte venne pubblicata nel 1835 e la seconda nel 1840. Il testo, scritto in una prosa superba, fece scalpore in Europa – ad essa l’autore aveva diretto il messaggio che, nel Nuovo mondo, la democrazia (avversata dai conservatori e fonte di infinite turbolenze nel Vecchio) aveva trovato un’attuazione straordinaria, rivelando una forza «irresistibile» destinata a raggiungere inevitabilmente anche le sponde europee. Tocqueville segnalò nelle sue pagine l’inizio di una nuova storia. Sennonché, al di là di questo vigoroso messaggio, si poneva e si pone tuttora la questione se negli Stati Uniti la democrazia si presentasse effettivamente con i tratti da lui descritti – a partire dalla tesi centrale secondo cui il volto più caratterizzante del grande paese fosse «l’eguaglianza delle condizioni». Il saggio di Massimo Salvadori ripercorre l’analisi di Tocqueville concludendo che esse presentano per aspetti cruciali limiti assai significativi, in quanto delineano un’immagine dell’America che – in fatto di istituzioni, partiti politici, rapporti tra gruppi sociali, relazioni tra il Nord e il Sud – appare poco corrispondente, se non persino deviante rispetto a ciò che la società americana era nella sua realtà concreta. Di qui l’interrogativo: Tocqueville ha davvero capito l’America ?
«Ciò che sfuggì a Tocqueville fu che negli Stati Uniti, accanto alla rivoluzione democratica, stava prendendo piede una rivoluzione capitalistica fonte delle maggiori diseguaglianze. La democrazia americana sarebbe stata profondamente segnata da una nuova élite, quella dei ricchi e dei ricchissimi». L’11 maggio 1831 il giovane aristocratico francese Alexis de Tocqueville sbarcò a New York, e da lì iniziò un viaggio per gli Stati Uniti terminato il 20 febbraio 1832. Il risultato delle sue osservazioni e riflessioni fu La democrazia in America, la cui prima parte venne pubblicata nel 1835 e la seconda nel 1840. Il testo, scritto in una prosa superba, fece scalpore in Europa – ad essa l’autore aveva diretto il messaggio che, nel Nuovo mondo, la democrazia (avversata dai conservatori e fonte di infinite turbolenze nel Vecchio) aveva trovato un’attuazione straordinaria, rivelando una forza «irresistibile» destinata a raggiungere inevitabilmente anche le sponde europee. Tocqueville segnalò nelle sue pagine l’inizio di una nuova storia. Sennonché, al di là di questo vigoroso messaggio, si poneva e si pone tuttora la questione se negli Stati Uniti la democrazia si presentasse effettivamente con i tratti da lui descritti – a partire dalla tesi centrale secondo cui il volto più caratterizzante del grande paese fosse «l’eguaglianza delle condizioni». Il saggio di Massimo Salvadori ripercorre l’analisi di Tocqueville concludendo che esse presentano per aspetti cruciali limiti assai significativi, in quanto delineano un’immagine dell’America che – in fatto di istituzioni, partiti politici, rapporti tra gruppi sociali, relazioni tra il Nord e il Sud – appare poco corrispondente, se non persino deviante rispetto a ciò che la società americana era nella sua realtà concreta. Di qui l’interrogativo: Tocqueville ha davvero capito l’America ?