La trippa italica - Storia e ricette

Nonfiction, Food & Drink, International, European, Italian, Food Writing
Cover of the book La trippa italica - Storia e ricette by Gian Paolo Spaliviero, Gian Paolo Spaliviero
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Author: Gian Paolo Spaliviero ISBN: 9788892520127
Publisher: Gian Paolo Spaliviero Publication: November 21, 2015
Imprint: Language: Italian
Author: Gian Paolo Spaliviero
ISBN: 9788892520127
Publisher: Gian Paolo Spaliviero
Publication: November 21, 2015
Imprint:
Language: Italian

La trippa è un piatto umile e antico, popolare e universale, si presta e si è prestato in ogni luogo e in ogni tempo , per le sue caratteristiche intrinseche, ai più fantasiosi esercizi di culinaria, ai più ingegnosi abbinamenti e impieghi di materiali.
In questo lavoro mi limiterò alle ricette di trippa del nostro paese, persino di trippa di pesce, e di frattaglie in genere, e già c’è veramente da sbizzarrirsi, che ogni regione, ogni città e perfino ogni più piccola località hanno prodotto fin dai tempi più remoti una loro ricetta, proposto la loro versione, e molte di queste si sono perpetuate nel tempo fino ai giorni nostri con poche varianti.
Non vi racconteremo di conseguenza, di una cucina aulica di corte, di una cucina signorile o borghese, ma di una cucina povera e popolare, a testimonianza dell’ingegno e dell’arte di arrangiarsi dei nostri rustici antenati. Non sembri cosa biasimevole; chi, volgendo lo sguardo all’indietro di un paio di generazioni, può giurare di non aver avuto fra i suoi ascendenti dei villici, degli eroici lavoratori della terra? Questo è il nostro retaggio, questo è il nostro orgoglio, e chi invece discende da schiatte illustri non ce ne voglia, fa lo stesso. Illustre e nobile non avrebbe potuto essere, senza di noi poveri plebei a fargli da opposto.
E’ possibile che questo discorso sulla trippa e sulle interiora appaia un po’ truce, di questi tempi di sensibilità vegetariane o addirittura vegane, tuttavia l’umanità si ciba di carni, frattaglie comprese, da millenni, ed è stato con ogni probabilità proprio questo consumo proteico e vitaminico, e pure altamente calorico, a consentirle di sopravvivere e progredire. Non è forse vero d’altro canto che Dio nella Bibbia ci ha dato in signoria piante e animali e la natura stessa, affinché potessimo servircene e nutrirci? Ci sono, è vero, religioni e filosofie meno antropocentriche e più “ verdi” di quella cristiana, anche se , assolte le incombenze della nutrizione, non manca in essa un profondo rispetto per la natura vista come opera divina. Verranno tempi vegani? C’è da augurarselo.

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La trippa è un piatto umile e antico, popolare e universale, si presta e si è prestato in ogni luogo e in ogni tempo , per le sue caratteristiche intrinseche, ai più fantasiosi esercizi di culinaria, ai più ingegnosi abbinamenti e impieghi di materiali.
In questo lavoro mi limiterò alle ricette di trippa del nostro paese, persino di trippa di pesce, e di frattaglie in genere, e già c’è veramente da sbizzarrirsi, che ogni regione, ogni città e perfino ogni più piccola località hanno prodotto fin dai tempi più remoti una loro ricetta, proposto la loro versione, e molte di queste si sono perpetuate nel tempo fino ai giorni nostri con poche varianti.
Non vi racconteremo di conseguenza, di una cucina aulica di corte, di una cucina signorile o borghese, ma di una cucina povera e popolare, a testimonianza dell’ingegno e dell’arte di arrangiarsi dei nostri rustici antenati. Non sembri cosa biasimevole; chi, volgendo lo sguardo all’indietro di un paio di generazioni, può giurare di non aver avuto fra i suoi ascendenti dei villici, degli eroici lavoratori della terra? Questo è il nostro retaggio, questo è il nostro orgoglio, e chi invece discende da schiatte illustri non ce ne voglia, fa lo stesso. Illustre e nobile non avrebbe potuto essere, senza di noi poveri plebei a fargli da opposto.
E’ possibile che questo discorso sulla trippa e sulle interiora appaia un po’ truce, di questi tempi di sensibilità vegetariane o addirittura vegane, tuttavia l’umanità si ciba di carni, frattaglie comprese, da millenni, ed è stato con ogni probabilità proprio questo consumo proteico e vitaminico, e pure altamente calorico, a consentirle di sopravvivere e progredire. Non è forse vero d’altro canto che Dio nella Bibbia ci ha dato in signoria piante e animali e la natura stessa, affinché potessimo servircene e nutrirci? Ci sono, è vero, religioni e filosofie meno antropocentriche e più “ verdi” di quella cristiana, anche se , assolte le incombenze della nutrizione, non manca in essa un profondo rispetto per la natura vista come opera divina. Verranno tempi vegani? C’è da augurarselo.

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