Author: | Lars Spuybroek, Emmanuele Jonathan Pilia | ISBN: | 9788888943800 |
Publisher: | D Editore | Publication: | December 7, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Lars Spuybroek, Emmanuele Jonathan Pilia |
ISBN: | 9788888943800 |
Publisher: | D Editore |
Publication: | December 7, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Lars Spuybroek ridisegna le nozioni di percezione, corpo e spazio «Non è forse vero che noi architetti siamo addestrati a pianificare i movimenti per poi estruderli in un secondo momento per creare un’immagine? Non siamo forse addestrati a disegnare prima le piante, la superficie dell’azione, per poi estruderle per dar vita agli alzati, le superfici della percezione? Non siamo forse addestrati a considerare pavimenti e pareti come discontinui? Inoltre, non siamo abituati a trattare pareti, pavimenti e colonne come elementi tra loro distinti e separati? Potremmo considerare uno schema architettonico, parallelo allo schema del corpo, come qualcosa di fondamentalmente elastico, topologico e continuo?». Sono queste alcune delle domande attorno cui il leader dei NOX, Lars Spuybroek, costruisce il suo testo. Noto sin dagli anni ’90 per i suoi progetti particolarmente controversi, Lars Spuybroek ridisegna le nozioni di percezione, corpo e spazio, ripensandole all’interno delle nuove possibilità di interattività che l’architettura può oggi raggiungere. Un’architettura che viene disegnata su basi parametriche, ma non formalistiche – come troppo spesso viene frainteso -, riconciliando così, in modo sorprendente, l’architettura digitale con il gotico. In un periodo in cui l’architettura vive una profonda stagnazione teorica, “L’architettura del continuo” segna il tentativo di superare ogni forma di dualismo tra mero formalismo e freddo high-tech, senza cercare facili strade conciliatorie. L'AUTORE: Professore presso la Georgia Institue of Technology, Lars Spuybroek è uno dei pionieri dell’architettura digitale e dell’approccio parametrico. Evitando il semplice formalismo, la sua ricerca è indirizzata verso il rapporto tra esperienza ed architettura. Noto soprattutto per il suo approccio fortemente sperimentale, irrompe nella scena internazionale nel 1997 con il suo H2O expo Pavillon, l’edificio che, secondo Charles Jenk, «ancora deve essere superato».
Lars Spuybroek ridisegna le nozioni di percezione, corpo e spazio «Non è forse vero che noi architetti siamo addestrati a pianificare i movimenti per poi estruderli in un secondo momento per creare un’immagine? Non siamo forse addestrati a disegnare prima le piante, la superficie dell’azione, per poi estruderle per dar vita agli alzati, le superfici della percezione? Non siamo forse addestrati a considerare pavimenti e pareti come discontinui? Inoltre, non siamo abituati a trattare pareti, pavimenti e colonne come elementi tra loro distinti e separati? Potremmo considerare uno schema architettonico, parallelo allo schema del corpo, come qualcosa di fondamentalmente elastico, topologico e continuo?». Sono queste alcune delle domande attorno cui il leader dei NOX, Lars Spuybroek, costruisce il suo testo. Noto sin dagli anni ’90 per i suoi progetti particolarmente controversi, Lars Spuybroek ridisegna le nozioni di percezione, corpo e spazio, ripensandole all’interno delle nuove possibilità di interattività che l’architettura può oggi raggiungere. Un’architettura che viene disegnata su basi parametriche, ma non formalistiche – come troppo spesso viene frainteso -, riconciliando così, in modo sorprendente, l’architettura digitale con il gotico. In un periodo in cui l’architettura vive una profonda stagnazione teorica, “L’architettura del continuo” segna il tentativo di superare ogni forma di dualismo tra mero formalismo e freddo high-tech, senza cercare facili strade conciliatorie. L'AUTORE: Professore presso la Georgia Institue of Technology, Lars Spuybroek è uno dei pionieri dell’architettura digitale e dell’approccio parametrico. Evitando il semplice formalismo, la sua ricerca è indirizzata verso il rapporto tra esperienza ed architettura. Noto soprattutto per il suo approccio fortemente sperimentale, irrompe nella scena internazionale nel 1997 con il suo H2O expo Pavillon, l’edificio che, secondo Charles Jenk, «ancora deve essere superato».