Author: | Umberto Saraceni | ISBN: | 9788873816539 |
Publisher: | Minerva Edizioni | Publication: | October 20, 2014 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Umberto Saraceni |
ISBN: | 9788873816539 |
Publisher: | Minerva Edizioni |
Publication: | October 20, 2014 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Scritto su minuscoli fogli raccolti in taccuini, nascosti conservati e difesi a dispetto di tutto, il Diario di prigionia di Umberto Saraceni è la cronaca fedele, spesso giornaliera, di una detenzione ingiusta e inumana durata quasi due anni nei campi in cui i tedeschi raccolsero centinaia di migliaia di soldati ed ufficiali italiani dopo l’otto settembre del 1943.
Ed è il tema della giustizia che traspare in controluce in tutte le pagine dell’autore, magistrato militare, impegnato da prigioniero a far rispettare le leggi italiane all’interno dei campi e vittima di un sopruso e di un sofisma giuridico (quello degli italiani non prigionieri di guerra ma semplici internati) che ripugnava alla sua coscienza e di cui solo il carattere sociale e collettivo, cioè il fatto di riguardare un intero popolo in armi, che si era battuto con onore pur nella povertà dei mezzi, ne faceva accettare con coraggio e tenacia le tremende conseguenze.
La scabra e quasi parossistica serie di annotazioni, che giorno dopo giorno si concentrano sempre di più sulle pure questioni di sopravvivenza fisica (la mancanza di cibo, il freddo, le malattie) dà attestazione di una eroica resistenza individuale diventa progressivamente l’omaggio per nulla retorico rivolto alle migliaia di compagni che seppero tener testa alle pressioni crescenti dei tedeschi prima per aderire alla Repubblica Sociale Italiana e poi per contribuire allo sforzo bellico con il lavoro volontario.
Se il Diario è il resoconto di una resistenza spinta sino alle estreme conseguenze (furono decine di migliaia i morti di fame e di stenti) esso testimonia anche, sin dall’inizio, di una vicenda di solidarietà e una storia d’amore che hanno consentito all’autore, nei momenti più bui, di mantenere fede negli uomini e nel futuro: e agli ex alleati divenuti feroci aguzzini si contrappongono così, solleciti e solidali, gli ex nemici.
L’autore non ha mai voluto integrare il testo originario, che era scritto tenendo conto della concreta possibilità che cadesse in mano alla Gestapo: episodi importanti di quella storia, raccontati poi a voce (tra tutti quello, straordinario, delle radio del campo) dunque mancano, perché avrebbero compromesso i compagni o iniziative in corso di svolgimento.
Restano le asciutte descrizioni delle condizioni di vita, la nostalgia dell’Italia e soprattutto della sua Orvieto, l’amore per la giovanissima donna che sarebbe divenuta sua moglie, l’affetto per la Grecia da cui in un dolce autunno era partito, infine le poesie.
Scritto su minuscoli fogli raccolti in taccuini, nascosti conservati e difesi a dispetto di tutto, il Diario di prigionia di Umberto Saraceni è la cronaca fedele, spesso giornaliera, di una detenzione ingiusta e inumana durata quasi due anni nei campi in cui i tedeschi raccolsero centinaia di migliaia di soldati ed ufficiali italiani dopo l’otto settembre del 1943.
Ed è il tema della giustizia che traspare in controluce in tutte le pagine dell’autore, magistrato militare, impegnato da prigioniero a far rispettare le leggi italiane all’interno dei campi e vittima di un sopruso e di un sofisma giuridico (quello degli italiani non prigionieri di guerra ma semplici internati) che ripugnava alla sua coscienza e di cui solo il carattere sociale e collettivo, cioè il fatto di riguardare un intero popolo in armi, che si era battuto con onore pur nella povertà dei mezzi, ne faceva accettare con coraggio e tenacia le tremende conseguenze.
La scabra e quasi parossistica serie di annotazioni, che giorno dopo giorno si concentrano sempre di più sulle pure questioni di sopravvivenza fisica (la mancanza di cibo, il freddo, le malattie) dà attestazione di una eroica resistenza individuale diventa progressivamente l’omaggio per nulla retorico rivolto alle migliaia di compagni che seppero tener testa alle pressioni crescenti dei tedeschi prima per aderire alla Repubblica Sociale Italiana e poi per contribuire allo sforzo bellico con il lavoro volontario.
Se il Diario è il resoconto di una resistenza spinta sino alle estreme conseguenze (furono decine di migliaia i morti di fame e di stenti) esso testimonia anche, sin dall’inizio, di una vicenda di solidarietà e una storia d’amore che hanno consentito all’autore, nei momenti più bui, di mantenere fede negli uomini e nel futuro: e agli ex alleati divenuti feroci aguzzini si contrappongono così, solleciti e solidali, gli ex nemici.
L’autore non ha mai voluto integrare il testo originario, che era scritto tenendo conto della concreta possibilità che cadesse in mano alla Gestapo: episodi importanti di quella storia, raccontati poi a voce (tra tutti quello, straordinario, delle radio del campo) dunque mancano, perché avrebbero compromesso i compagni o iniziative in corso di svolgimento.
Restano le asciutte descrizioni delle condizioni di vita, la nostalgia dell’Italia e soprattutto della sua Orvieto, l’amore per la giovanissima donna che sarebbe divenuta sua moglie, l’affetto per la Grecia da cui in un dolce autunno era partito, infine le poesie.