Da tempo certa filosofia che va per la maggiore non perde occasione per sdottoreggiare sulla storia universale, sul destino della civiltà, dissertando su come e quando sono cominciati i nostri guai e su dove inevitabilmente andremo a finire. Paolo Rossi, da quando ha cominciato a scrivere, ha polemizzato con questo tipo di posizioni. Lo fa anche in questo nuovo libro. Scritto in uno stile chiaro e asciutto, non è rivolto ai filosofi, ma a tutti coloro che non si accontentano di vivere e vogliono anche pensare. Vi si parla dell'assenza di speranze e delle previsioni catastrofiche fallite, ma anche delle "smisurate speranze", dei paradisi immaginari e del mito dell'uomo nuovo. Infine si riprende un'idea che fu già espressa nell'anno 1620: possiamo "elencare alcune ragioni che possono preservarci dalla disperazione"?
Da tempo certa filosofia che va per la maggiore non perde occasione per sdottoreggiare sulla storia universale, sul destino della civiltà, dissertando su come e quando sono cominciati i nostri guai e su dove inevitabilmente andremo a finire. Paolo Rossi, da quando ha cominciato a scrivere, ha polemizzato con questo tipo di posizioni. Lo fa anche in questo nuovo libro. Scritto in uno stile chiaro e asciutto, non è rivolto ai filosofi, ma a tutti coloro che non si accontentano di vivere e vogliono anche pensare. Vi si parla dell'assenza di speranze e delle previsioni catastrofiche fallite, ma anche delle "smisurate speranze", dei paradisi immaginari e del mito dell'uomo nuovo. Infine si riprende un'idea che fu già espressa nell'anno 1620: possiamo "elencare alcune ragioni che possono preservarci dalla disperazione"?