Author: | Eraldo Affinati | ISBN: | 9788899015039 |
Publisher: | Libreria degli scrittori | Publication: | May 20, 2014 |
Imprint: | Libreria degli scrittori | Language: | Italian |
Author: | Eraldo Affinati |
ISBN: | 9788899015039 |
Publisher: | Libreria degli scrittori |
Publication: | May 20, 2014 |
Imprint: | Libreria degli scrittori |
Language: | Italian |
Di Soldati del 1956, Giovanni Raboni sul “Corriere della Sera” del 29 maggio 1994, sotto il titolo “Un romanzo! Ne esistono ancora?”, scrisse:“Mi chiamo Stefano Rondella: consideratemi lo scritturale della sua armata interiore”. Leggendo questa frase – che pur non essendo, in senso proprio, l’incipit di Soldati del 1956, opera prima di Eraldo Affinati, pubblicata qualche mese fa dall’editore Marco Nardi, ne rappresenta tuttavia con ogni evidenza la tonica o, se si preferisce, l’accordo germinale – credo d’aver provato un’impressione di lieve e lieto spaesamento. Da dove arriva, cosa diavolo ci fa, devo essermi chiesto, un romanzo pensato e scritto in questo modo, con queste intenzioni e implicazioni di stile, fra tutti i romanzi verità, i romanzi inchiesta, i romanzi film, i romanzi sceneggiata, i romanzi telenovela, insomma tutti i romanzi essenzialmente e tipicamente aletterari, che costituiscono lo scenario e la regola dell’attuale produzione narrativa? Poi, andando avanti, le storie urbane sottilmente, minimalisticamente leggendarie del Comandante e della sua “armata” conquistano spazio, fanno valere le loro ragioni, e un poco ci si dimentica, come è giusto che avvenga, della sorpresa da cui si è partiti. Ma per qualità di scrittura e più ancora, direi, di progettazione timbrica, per sapiente, pungente costanza di trasfigurazione o trasposizione “eroica” della rigorosa normalità dei fatti, il libro conserva, e anzi dimostra in modo via via più persuasivo, una diversità francamente ammirevole. Non ho mai pensato che la ricerca o, come si diceva una volta, la sperimentazione letteraria, debba essere difesa in modo specifico; sarebbe come se gli ambientalisti o gli animalisti ritenessero di dover difendere la vita “in generale”. Ma forse, di questi tempi, un requisito vitale, in assenza del quale la letteratura semplicemente non esiste, va appunto classificato e protetto alla stregua di una specie in estinzione. Affinati come la foca monaca? facciamo almeno, per cominciare, la cosa più semplice: leggere il suo libro.
Di Soldati del 1956, Giovanni Raboni sul “Corriere della Sera” del 29 maggio 1994, sotto il titolo “Un romanzo! Ne esistono ancora?”, scrisse:“Mi chiamo Stefano Rondella: consideratemi lo scritturale della sua armata interiore”. Leggendo questa frase – che pur non essendo, in senso proprio, l’incipit di Soldati del 1956, opera prima di Eraldo Affinati, pubblicata qualche mese fa dall’editore Marco Nardi, ne rappresenta tuttavia con ogni evidenza la tonica o, se si preferisce, l’accordo germinale – credo d’aver provato un’impressione di lieve e lieto spaesamento. Da dove arriva, cosa diavolo ci fa, devo essermi chiesto, un romanzo pensato e scritto in questo modo, con queste intenzioni e implicazioni di stile, fra tutti i romanzi verità, i romanzi inchiesta, i romanzi film, i romanzi sceneggiata, i romanzi telenovela, insomma tutti i romanzi essenzialmente e tipicamente aletterari, che costituiscono lo scenario e la regola dell’attuale produzione narrativa? Poi, andando avanti, le storie urbane sottilmente, minimalisticamente leggendarie del Comandante e della sua “armata” conquistano spazio, fanno valere le loro ragioni, e un poco ci si dimentica, come è giusto che avvenga, della sorpresa da cui si è partiti. Ma per qualità di scrittura e più ancora, direi, di progettazione timbrica, per sapiente, pungente costanza di trasfigurazione o trasposizione “eroica” della rigorosa normalità dei fatti, il libro conserva, e anzi dimostra in modo via via più persuasivo, una diversità francamente ammirevole. Non ho mai pensato che la ricerca o, come si diceva una volta, la sperimentazione letteraria, debba essere difesa in modo specifico; sarebbe come se gli ambientalisti o gli animalisti ritenessero di dover difendere la vita “in generale”. Ma forse, di questi tempi, un requisito vitale, in assenza del quale la letteratura semplicemente non esiste, va appunto classificato e protetto alla stregua di una specie in estinzione. Affinati come la foca monaca? facciamo almeno, per cominciare, la cosa più semplice: leggere il suo libro.