Se così si può dire...

Variazioni sull’ebraismo vivente. Prefazione del card. Carlo Maria Martini. A cura di Fabio Ballabio e Gioachino Pistone

Nonfiction, Religion & Spirituality, Judaism, Sacred Writings
Cover of the book Se così si può dire... by Paolo De Benedetti, EDB - Edizioni Dehoniane Bologna
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Author: Paolo De Benedetti ISBN: 9788810965559
Publisher: EDB - Edizioni Dehoniane Bologna Publication: April 2, 2014
Imprint: EDB - Edizioni Dehoniane Bologna Language: Italian
Author: Paolo De Benedetti
ISBN: 9788810965559
Publisher: EDB - Edizioni Dehoniane Bologna
Publication: April 2, 2014
Imprint: EDB - Edizioni Dehoniane Bologna
Language: Italian

«Se così si può dire» è la traduzione più fedele dell'espressione ebraica kivjaqôl, che indica il paradosso per cui alla Torah è richiesto di esprimere qualcosa su Dio con il linguaggio umano, inevitabilmente inadeguato. L'espressione, con tutto ciò che ne consegue, oggi è familiare a molte persone, grazie all'insegnamento che Paolo De Benedetti ha offerto a generazioni di italiani che oggi guardano con occhi nuovi al rapporto fra ebraismo e cristianesimo. Anche dopo il concilio Vaticano II, infatti, la mentalità comune ha continuato a considerare l'ebraismo una religione superata, la radice di una pianta i cui frutti, fiori e foglie erano tutti e solo del cristianesimo. Proprio per questo l'autore non ama l'espressione «radice ebraica» e ritiene che la ricerca di un dialogo con l'ebraismo vivente significhi accettarlo come esso è e si percepisce nel presente, non come è stato o vorremmo che fosse. Da qui la necessità di una teshûvah, di una «conversione», da parte di tutte le Chiese cristiane.

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«Se così si può dire» è la traduzione più fedele dell'espressione ebraica kivjaqôl, che indica il paradosso per cui alla Torah è richiesto di esprimere qualcosa su Dio con il linguaggio umano, inevitabilmente inadeguato. L'espressione, con tutto ciò che ne consegue, oggi è familiare a molte persone, grazie all'insegnamento che Paolo De Benedetti ha offerto a generazioni di italiani che oggi guardano con occhi nuovi al rapporto fra ebraismo e cristianesimo. Anche dopo il concilio Vaticano II, infatti, la mentalità comune ha continuato a considerare l'ebraismo una religione superata, la radice di una pianta i cui frutti, fiori e foglie erano tutti e solo del cristianesimo. Proprio per questo l'autore non ama l'espressione «radice ebraica» e ritiene che la ricerca di un dialogo con l'ebraismo vivente significhi accettarlo come esso è e si percepisce nel presente, non come è stato o vorremmo che fosse. Da qui la necessità di una teshûvah, di una «conversione», da parte di tutte le Chiese cristiane.

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