Author: | Vito Gasparre | ISBN: | 9788892527423 |
Publisher: | Vito Gasparre | Publication: | December 9, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Vito Gasparre |
ISBN: | 9788892527423 |
Publisher: | Vito Gasparre |
Publication: | December 9, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Questo libro non è rivolto solo ai palagianellesi, peraltro s’ immagina – nella pubblicazione online - di raggiungere coloro che nella diaspora hanno raggiunto lidi lontani e possano essere nuovamente contaminati dall’idioma dei loro padri, ma anche i normali cultori delle tradizioni popolari delle aree interne, sia dotti antropologi, sia quelli che scelgono il turismo sociale sempre alla ricerca di posti caratteristici che conservano la memoria.
Se penso a un ruolo del libro di Vito Gasparre e dei due autori del dizionario: Antonio Alemanno e Vito Fumarola, noto lo stretto legame che c’è tra la parola e il tempo. Un'anziana signora, una volta, commentando un mio epitaffio sull’immaginetta di mia madre, pronunciò una frase che mi colpì: “quelle parole sono pietre”. Ecco che il calzante paragone con l’eternità della pietra, pietre che rotolano, com’è nel nome dei Rolling Stones, meglio dà l’idea delle poesie di Vito Gasparre, un tributo al suo paese che cernita dai suoi ricordi che diventano animus della comunità, appunto pietre che rotolano, ritmando nenie, cantilene popolari, ballate.
Lo scrivente ha visto tempo fa il documentario "Dal profondo dell'Anima” di Carl Jung laddove la pietra diventa simbolo e enigma. Quindi un libro destinato a diventare pietra miliare del paese.
C’è tutto, o quasi: la guerra, la famiglia, i riti dell’anno, i personaggi, il paesaggio, la natura.
Ma c’è un altro aspetto che, a mio parere, è di forte impatto, anche se molto specialistico. Quello che si può collegare alla antropologia popolare che identifica un’area particolare, quelle che gli etnologi chiamano “aree seriori” dove meglio si conservano le tradizioni e in questo caso le parole. Il libro è un contributo al restauro conservativo dell’idioma. Non è cosa di poco conto.
Poi ancora un'altra immagine. Proprio nei giorni scorsi, mi è capitato di vedere un documentario sui Tuareg, questi predoni del deserto; in una loro danza rituale, c’è tutta la gioia e la fierezza di una appartenenza a un luogo preciso.
Nelle poesie di Vito, ma anche nella ricerca delle parole degli autori del dizionario, c’è questo continuo richiamo all’appartenenza, di fronte all’incedere del tempo, quasi un grido di allarme affinché l’omologazione delle Smart city non diventi cancellazione della storia e della cultura, chiamando vecchio l’antico, vintage o demodé il rito, il culto e la memoria collettiva.
Ecco allora, per concludere Lu Picce, ovvero il capriccio, come sottolinea Vito Gasparre, è il richiamo a tutti i capricci infantili, assume quest’apparente futilità di un comportamento, utile, spero, ad attrarre il lettore in mondo magico di altri tempi, percependo la musicalità dei lemmi a rima baciata, come una danza popolare piena di evoluzioni com’è nello spirto dei tarantati.
Questo libro non è rivolto solo ai palagianellesi, peraltro s’ immagina – nella pubblicazione online - di raggiungere coloro che nella diaspora hanno raggiunto lidi lontani e possano essere nuovamente contaminati dall’idioma dei loro padri, ma anche i normali cultori delle tradizioni popolari delle aree interne, sia dotti antropologi, sia quelli che scelgono il turismo sociale sempre alla ricerca di posti caratteristici che conservano la memoria.
Se penso a un ruolo del libro di Vito Gasparre e dei due autori del dizionario: Antonio Alemanno e Vito Fumarola, noto lo stretto legame che c’è tra la parola e il tempo. Un'anziana signora, una volta, commentando un mio epitaffio sull’immaginetta di mia madre, pronunciò una frase che mi colpì: “quelle parole sono pietre”. Ecco che il calzante paragone con l’eternità della pietra, pietre che rotolano, com’è nel nome dei Rolling Stones, meglio dà l’idea delle poesie di Vito Gasparre, un tributo al suo paese che cernita dai suoi ricordi che diventano animus della comunità, appunto pietre che rotolano, ritmando nenie, cantilene popolari, ballate.
Lo scrivente ha visto tempo fa il documentario "Dal profondo dell'Anima” di Carl Jung laddove la pietra diventa simbolo e enigma. Quindi un libro destinato a diventare pietra miliare del paese.
C’è tutto, o quasi: la guerra, la famiglia, i riti dell’anno, i personaggi, il paesaggio, la natura.
Ma c’è un altro aspetto che, a mio parere, è di forte impatto, anche se molto specialistico. Quello che si può collegare alla antropologia popolare che identifica un’area particolare, quelle che gli etnologi chiamano “aree seriori” dove meglio si conservano le tradizioni e in questo caso le parole. Il libro è un contributo al restauro conservativo dell’idioma. Non è cosa di poco conto.
Poi ancora un'altra immagine. Proprio nei giorni scorsi, mi è capitato di vedere un documentario sui Tuareg, questi predoni del deserto; in una loro danza rituale, c’è tutta la gioia e la fierezza di una appartenenza a un luogo preciso.
Nelle poesie di Vito, ma anche nella ricerca delle parole degli autori del dizionario, c’è questo continuo richiamo all’appartenenza, di fronte all’incedere del tempo, quasi un grido di allarme affinché l’omologazione delle Smart city non diventi cancellazione della storia e della cultura, chiamando vecchio l’antico, vintage o demodé il rito, il culto e la memoria collettiva.
Ecco allora, per concludere Lu Picce, ovvero il capriccio, come sottolinea Vito Gasparre, è il richiamo a tutti i capricci infantili, assume quest’apparente futilità di un comportamento, utile, spero, ad attrarre il lettore in mondo magico di altri tempi, percependo la musicalità dei lemmi a rima baciata, come una danza popolare piena di evoluzioni com’è nello spirto dei tarantati.