L'orologio

Fiction & Literature
Cover of the book L'orologio by Ivan S. Turgenev, Quodlibet Note azzurre
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Author: Ivan S. Turgenev ISBN: 9788874629213
Publisher: Quodlibet Note azzurre Publication: January 22, 2014
Imprint: Quodlibet Note azzurre Language: Italian
Author: Ivan S. Turgenev
ISBN: 9788874629213
Publisher: Quodlibet Note azzurre
Publication: January 22, 2014
Imprint: Quodlibet Note azzurre
Language: Italian

La grandezza di Turgenev è sovrastata e quasi strozzata dalla circostanza anagrafica di essere venuto al mondo in un luogo e in un periodo che stavano per ospitare due giganti della narrativa di ogni tempo come Dostoevskij e Tolstoj: tanto bastò perché la sua notevole fama in vita sfumasse nei decenni successivi e il suo profilo si dimensionasse in quello di un brillante precursore o di un delizioso minore. Tuttavia, se la sua musa non conobbe la tormentata profondità filosofica dostoevskiana né la capacità, solo di Tolstoj, di restituire intatta e prodigiosamente fragrante l'integralità di un'esistenza, Turgenev rimane uno dei narratori indispensabili dell'Ottocento europeo. E se ciò è vero a livello storiografico, lo è ancora di più, forse, sul piano della realizzazione poetica ancora pienamente apprezzabile, soprattutto nella misura breve dei racconti, di cui – scrive Luca Lenzini nella postfazione – anche “il poco indulgente Nabokov riconobbe la riuscita”. È qui che non si smette di ammirare, al di là della consumata bravura nell'allestire il plot, la gestione della durata di una vita che fa dello stesso tono della voce (impastata di memoria esplicita e di una pungente, vibratile e velata nostalgia di ciò che il tempo non restituisce) un protagonista della sua opera. Tanto più in questo caso: a narrare in prima persona un uomo anziano, che rievoca le vicende legate a un orologio che entrò varie volte, per una specie di ostinazione del destino, nelle sue mani, e che gli permette di riandare con la mente agli anni dell'adolescenza, alla vita domestica di personaggi vivissimi come il cugino e “grande amico” Davyd, il padre, l'amico-nemico di quest'ultimo (una figura di umiliato e offeso, stralunato dalla sventura, che non si dimentica); e intanto monta la coscienza, che emergerà con accenti di alta e serena elegia nel finale, che “il tempo scandito dalle lancette dell’orologio d’argento non conosce interruzioni nel suo scorrere, alle giovinezze seguono altre età e con esse i ricordi, ma per le esistenze che cadono nel corso impetuoso e collettivo della storia, è diverso”. Tutti elementi più che sufficienti a raccomandare la lettura di questo libro. Ma un motivo ulteriore di importanza – e tale da suscitare anche singolarmente un grande interesse – è dato dalla firma del traduttore: Giaime Pintor, ovvero uno dei traduttori migliori del nostro Novecento. Da quando fu edita nel 1946 da Bompiani, nessuno aveva più ripubblicato questa sua traduzione, spesso sconosciuta anche agli esperti. Eppure al di là degli amatissimi autori tedesci, l'enfant prodige morto giovanissimo durante la guerra partigiana aveva fatto in tempo a consegnarci con la sua lingua duttile e limpida un'altra testimonianza del suo talento.Paolo Maccari

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La grandezza di Turgenev è sovrastata e quasi strozzata dalla circostanza anagrafica di essere venuto al mondo in un luogo e in un periodo che stavano per ospitare due giganti della narrativa di ogni tempo come Dostoevskij e Tolstoj: tanto bastò perché la sua notevole fama in vita sfumasse nei decenni successivi e il suo profilo si dimensionasse in quello di un brillante precursore o di un delizioso minore. Tuttavia, se la sua musa non conobbe la tormentata profondità filosofica dostoevskiana né la capacità, solo di Tolstoj, di restituire intatta e prodigiosamente fragrante l'integralità di un'esistenza, Turgenev rimane uno dei narratori indispensabili dell'Ottocento europeo. E se ciò è vero a livello storiografico, lo è ancora di più, forse, sul piano della realizzazione poetica ancora pienamente apprezzabile, soprattutto nella misura breve dei racconti, di cui – scrive Luca Lenzini nella postfazione – anche “il poco indulgente Nabokov riconobbe la riuscita”. È qui che non si smette di ammirare, al di là della consumata bravura nell'allestire il plot, la gestione della durata di una vita che fa dello stesso tono della voce (impastata di memoria esplicita e di una pungente, vibratile e velata nostalgia di ciò che il tempo non restituisce) un protagonista della sua opera. Tanto più in questo caso: a narrare in prima persona un uomo anziano, che rievoca le vicende legate a un orologio che entrò varie volte, per una specie di ostinazione del destino, nelle sue mani, e che gli permette di riandare con la mente agli anni dell'adolescenza, alla vita domestica di personaggi vivissimi come il cugino e “grande amico” Davyd, il padre, l'amico-nemico di quest'ultimo (una figura di umiliato e offeso, stralunato dalla sventura, che non si dimentica); e intanto monta la coscienza, che emergerà con accenti di alta e serena elegia nel finale, che “il tempo scandito dalle lancette dell’orologio d’argento non conosce interruzioni nel suo scorrere, alle giovinezze seguono altre età e con esse i ricordi, ma per le esistenze che cadono nel corso impetuoso e collettivo della storia, è diverso”. Tutti elementi più che sufficienti a raccomandare la lettura di questo libro. Ma un motivo ulteriore di importanza – e tale da suscitare anche singolarmente un grande interesse – è dato dalla firma del traduttore: Giaime Pintor, ovvero uno dei traduttori migliori del nostro Novecento. Da quando fu edita nel 1946 da Bompiani, nessuno aveva più ripubblicato questa sua traduzione, spesso sconosciuta anche agli esperti. Eppure al di là degli amatissimi autori tedesci, l'enfant prodige morto giovanissimo durante la guerra partigiana aveva fatto in tempo a consegnarci con la sua lingua duttile e limpida un'altra testimonianza del suo talento.Paolo Maccari

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