Author: | Associazione di studi umanistici Leusso | ISBN: | 9788860222749 |
Publisher: | Edizioni Universitarie Romane | Publication: | September 11, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Associazione di studi umanistici Leusso |
ISBN: | 9788860222749 |
Publisher: | Edizioni Universitarie Romane |
Publication: | September 11, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Questo numero di Leussein affronta la questione dell’incredibile successo mediatico e militare che un ben organizzato gruppo di fondamentalisti salafiti sta riscuotendo nella zone a confine tra Siria e Iraq, lì dove sta nascendo un nuovo stato: l’IS. Ciò che più sorprende di questi miliziani è la loro abilità sia nel comunicare sia nel conquistare e mantenere terreno. Sono due aspetti che si tengono e si rafforzano insieme, lasciando intravedere una strategia ben delineata: non si conquista e difende uno spazio fisico se non si conquista e alimenta uno spazio immaginario.
Le immagini di guerra sono reali quanto le donne e gli uomini che la combattono. Lo sanno bene i combattenti dell’IS come le guerriere curde che si contendono Kobane. Il loro destino si gioca sul confine della città e dei suoi quartieri quanto sul confine dell’immaginario e delle notizie che lo alimentano. Una guerra ‘epica’ tutta moderna, in cui vince chi sa meglio narrare le proprie gesta sia all’interno della propria fazione sia all’esterno. Serve motivare ideali e fare proseliti, come convincere potenziali alleati e screditare quelli avversari, e per far questo è essenziale essere padroni della teoria della comunicazione, della tecnologia digitale dove l’immagine di un episodio secondario e periferico può essere assai più efficace della vittoria di una battaglia decisiva non opportunamente documentata. Questa abilità mediatica dei combattenti della guerra irakeno-siriana rievoca il mito di Cadmo, il re che dopo aver sconfitto il drago riesce a fondare Tebe istruendo dei soldati attraverso la più innovativa tecnologia dell’epoca: l’alfabeto fonetico fenicio. Secondo Mc Luhan, sarà proprio l’introduzione di questa tecnica comunicativa a fare la differenza socio-politica tra la nascente cultura Greca e il mondo egizio, tanto legato a caste di sacerdoti e scribi. L’uomo in arme che comunica attraverso l’alfabeto diventa il perno di un esercito più agile e più efficiente che può fare a meno dell’ingombrante e limitante comunicazione dei papiri. Se dunque l’introduzione di nuove tecnologie comunicative in contesti bellici, secondo il teorico dei media Mc Luhan, è stata così importante nella evoluzione della storia greca, dobbiamo aspettarci altrettanti epocali mutamenti dalla guerra per immagini che stanno combattendo donne e uomini nell’infuocata terra dell’antica Mesopotamia?
Ecco l’analogia su cui abbiamo voluto incardinare questo numero, e per istruirlo abbiamo pensato di fare una ricognizione storica a partire dal mito di Cadmo (“Lo scontro necessario. Cadmo contro il drakon per la nascita di Tebe” di R. Viccei) per approfondire la forza evocativa che aveva nell’antica Grecia la retorica per ‘immagini’ (“Filippo II di Macedonia e l’immagine della guerra contro la Persia” di A. Brambilla e “Guerra e immagini nell’Antica Grecia” colloquio con H. van Wees) e confrontarla con la strategia mediatica adottata dall’IS oggi (“La comunicazione al nero: terrorismi, spionaggi e strategie. Colloquio con Paolo Fabbri) e la forza seduttiva che ha sul nostro immaginario (“Europei e combattenti. I foreign fighter dello Stato Islamico” di M. Gradoli). Abbiamo poi voluto perlustrare campi meno battuti dalla ricerca come il ruolo dell’immaginario sulle combattenti attraverso una breve rassegna storica (“Soggettività silenziate: femina sacra, stereotipi e violenza di genere in tempi di guerra” di P. Di Cori e R. P. Mocerino) e delle difficoltà che incontrano le donne resistenti nelle aree del medio oriente fortemente ‘colonizzate’ (“Donne palestinesi: Femina sacra e decolonizzazione di genere” di R. Lentin). Infine, abbiamo pensato di soffermarci sulla stretta analogia tra Cadmo e il Califfo mutuata da Mc Luhan sia dal punto di vista della teoria della comunicazione (“II Califfo, Cadmo e Mc Luhan: l’uomo in arme come metafora attiva” di G. Sacco) sia sul piano più strategico militare (Sulla guerra mediatica del Califfo partendo da Cadmo e Mc Luhan. Colloquio con il Generale Fabio Mini).
Al lettore giudicare se la scelta di questo vertice prospettico sia stata lungimirante e quanto sia riuscita poi l’ispezione sul campo. Noi possiamo dire che è stato un lavoro complesso, avvincente e senza dubbio formativo perché frutto di un inedito lavoro di gruppo. Per la prima volta, infatti, dopo 7 anni, Leussein non solo ufficializza il proprio prestigioso comitato scientifico, ma si rinnova allargando la redazione grazie all’arrivo di giovani studiosi, di ricercatori e docenti di diverse discipline. Novità che ha stimolato tra l’altro anche la ristrutturazione del sito internet attraverso il quale si spera di arricchire e prolungare la discussione oltre l’ambito strettamente redazionale con il contributo diretto dei più appassionati lettori.
Questo numero di Leussein affronta la questione dell’incredibile successo mediatico e militare che un ben organizzato gruppo di fondamentalisti salafiti sta riscuotendo nella zone a confine tra Siria e Iraq, lì dove sta nascendo un nuovo stato: l’IS. Ciò che più sorprende di questi miliziani è la loro abilità sia nel comunicare sia nel conquistare e mantenere terreno. Sono due aspetti che si tengono e si rafforzano insieme, lasciando intravedere una strategia ben delineata: non si conquista e difende uno spazio fisico se non si conquista e alimenta uno spazio immaginario.
Le immagini di guerra sono reali quanto le donne e gli uomini che la combattono. Lo sanno bene i combattenti dell’IS come le guerriere curde che si contendono Kobane. Il loro destino si gioca sul confine della città e dei suoi quartieri quanto sul confine dell’immaginario e delle notizie che lo alimentano. Una guerra ‘epica’ tutta moderna, in cui vince chi sa meglio narrare le proprie gesta sia all’interno della propria fazione sia all’esterno. Serve motivare ideali e fare proseliti, come convincere potenziali alleati e screditare quelli avversari, e per far questo è essenziale essere padroni della teoria della comunicazione, della tecnologia digitale dove l’immagine di un episodio secondario e periferico può essere assai più efficace della vittoria di una battaglia decisiva non opportunamente documentata. Questa abilità mediatica dei combattenti della guerra irakeno-siriana rievoca il mito di Cadmo, il re che dopo aver sconfitto il drago riesce a fondare Tebe istruendo dei soldati attraverso la più innovativa tecnologia dell’epoca: l’alfabeto fonetico fenicio. Secondo Mc Luhan, sarà proprio l’introduzione di questa tecnica comunicativa a fare la differenza socio-politica tra la nascente cultura Greca e il mondo egizio, tanto legato a caste di sacerdoti e scribi. L’uomo in arme che comunica attraverso l’alfabeto diventa il perno di un esercito più agile e più efficiente che può fare a meno dell’ingombrante e limitante comunicazione dei papiri. Se dunque l’introduzione di nuove tecnologie comunicative in contesti bellici, secondo il teorico dei media Mc Luhan, è stata così importante nella evoluzione della storia greca, dobbiamo aspettarci altrettanti epocali mutamenti dalla guerra per immagini che stanno combattendo donne e uomini nell’infuocata terra dell’antica Mesopotamia?
Ecco l’analogia su cui abbiamo voluto incardinare questo numero, e per istruirlo abbiamo pensato di fare una ricognizione storica a partire dal mito di Cadmo (“Lo scontro necessario. Cadmo contro il drakon per la nascita di Tebe” di R. Viccei) per approfondire la forza evocativa che aveva nell’antica Grecia la retorica per ‘immagini’ (“Filippo II di Macedonia e l’immagine della guerra contro la Persia” di A. Brambilla e “Guerra e immagini nell’Antica Grecia” colloquio con H. van Wees) e confrontarla con la strategia mediatica adottata dall’IS oggi (“La comunicazione al nero: terrorismi, spionaggi e strategie. Colloquio con Paolo Fabbri) e la forza seduttiva che ha sul nostro immaginario (“Europei e combattenti. I foreign fighter dello Stato Islamico” di M. Gradoli). Abbiamo poi voluto perlustrare campi meno battuti dalla ricerca come il ruolo dell’immaginario sulle combattenti attraverso una breve rassegna storica (“Soggettività silenziate: femina sacra, stereotipi e violenza di genere in tempi di guerra” di P. Di Cori e R. P. Mocerino) e delle difficoltà che incontrano le donne resistenti nelle aree del medio oriente fortemente ‘colonizzate’ (“Donne palestinesi: Femina sacra e decolonizzazione di genere” di R. Lentin). Infine, abbiamo pensato di soffermarci sulla stretta analogia tra Cadmo e il Califfo mutuata da Mc Luhan sia dal punto di vista della teoria della comunicazione (“II Califfo, Cadmo e Mc Luhan: l’uomo in arme come metafora attiva” di G. Sacco) sia sul piano più strategico militare (Sulla guerra mediatica del Califfo partendo da Cadmo e Mc Luhan. Colloquio con il Generale Fabio Mini).
Al lettore giudicare se la scelta di questo vertice prospettico sia stata lungimirante e quanto sia riuscita poi l’ispezione sul campo. Noi possiamo dire che è stato un lavoro complesso, avvincente e senza dubbio formativo perché frutto di un inedito lavoro di gruppo. Per la prima volta, infatti, dopo 7 anni, Leussein non solo ufficializza il proprio prestigioso comitato scientifico, ma si rinnova allargando la redazione grazie all’arrivo di giovani studiosi, di ricercatori e docenti di diverse discipline. Novità che ha stimolato tra l’altro anche la ristrutturazione del sito internet attraverso il quale si spera di arricchire e prolungare la discussione oltre l’ambito strettamente redazionale con il contributo diretto dei più appassionati lettori.