Author: | Giuseppe Cipolletta | ISBN: | 9788827506721 |
Publisher: | Il Terebinto Edizioni | Publication: | October 26, 2017 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Giuseppe Cipolletta |
ISBN: | 9788827506721 |
Publisher: | Il Terebinto Edizioni |
Publication: | October 26, 2017 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Il lavoro qui svolto cerca innanzitutto di restituire alla storia – ed alla memoria storica contemporanea – il profilo di una figura che ricoprì nella sua epoca un ruolo da assoluta protagonista sui suoi caotici palcoscenici: Elena d’Aosta.
Partendo da una breve ma precisa analisi del contesto storico (1870-1918) e dei luoghi “vissuti” dalla duchessa Elena, si passa a tracciare anno per anno, fatto dopo fatto, tutto ciò che la principessa d’Orléans, andata in sposa al duca d’Aosta, condottiero della famosa III Armata, «ha dato all’altro» e alla società di cui faceva parte, e non si contano – anche per la sua discrezione ed umiltà nell’agire – gli “oggetti” da descrivere. Elena fu infatti una donna attivissima nella sua epoca, nonostante soffrisse di una forma di tubercolosi partecipò, come infermiera volontaria della Croce Rossa (prima volta per le donne italiane), prima al duro conflitto italo-turco in Libia (1911-1912) e poi, in qualità di Ispettrice Generale della Cri, alla Grande Guerra, destando stupore e sconcerto per i rischi corsi ed il rigore e la disciplina imposte alle volontarie e negli ospedali militari e civili. La si ritrova ad aiutare e rendersi utile al prossimo nel Cottolengo di Torino, fra le strade di Napoli durante la spaventosa eruzione vesuviana del 1906, in Calabria e Reggio durante il terribile terremoto del 1908, nel primo dopoguerra istituendo l’ONAIR (Opera Nazionale Assistenza Italia Redenta); di nuovo durante la seconda guerra mondiale, ormai anziana e vedova, a soccorrere malati, poveri, sfollati, mutilati, nei vicoli e negli ospedali di Napoli, dove visse gran parte della sua vita. Elena d’Aosta, «eterna camminante», fu anche un’instancabile viaggiatrice: il suo grande rifugio dalla civiltà delle macchine fu l’Africa.
Scandagliando pagina per pagina, riflessione dopo riflessione, i suoi intensi diari di viaggio, veniamo in contatto con un universo altro di straordinario interesse naturalistico, storico ed antropologico; unica costante della sua penna: la voglia di conoscere, di sperimentare, di vedere e toccare con mano il mondo e la realtà di questo sterminato continente in parte vergine ed in parte già “corrotto” e “trasformato” dai colonizzatori europei. Voglia di conoscere e di amare l’altro, poiché Elena con una solida formazione umanistica alle spalle e – nonostante l’ideologia che questa si portava dietro – seppe davvero avvicinarsi agli africani e apprezzarne – in un continuo meravigliarsi – le bellezze, le infinite risorse e le culture altre (ne imparò ad esempio la lingua e vi adottò due dei suoi “figli” portandoseli a Capodimonte).
Infermiera, ispettrice, presidente, membro del CNDI (Consiglio Nazionale delle Donne Italiane), di sangue e cultura europei, ella si fece italiana sotto le bombe e a ridosso delle trincee, meritandosi sul campo di battaglia, come i due figli ed il marito, medaglie ed onori militari. Famiglia di soldati ed eroi la sua, gli Aosta, Elena dovette affrontare la morte dei suoi cari: prima del marito e poi, dolore indicibile per una madre, quella di entrambi i bellissimi e valorosi figli Amedeo ed Aimone. A più di sessant’anni la tenace duchessa attraversò il Sahara con una propria carovana lungo un itinerario da sud a nord da lei stessa tracciato: vera e propria impresa umana, e quando tornò a Napoli, si prodigò ancora in opere di pietà private e minute e qualcheduna pubblica, come testimonia il tuttora funzionante Piccolo Cottolengo di Don Orione. Eppure sui libri di storia – anche accademici – o fra i nomi di donne “impegnate”, spesso non c’è il suo nome o è ricordato superficialmente e senza quei criteri di «significato» e «verità storica» di crociana memoria. Bastano le etichette di “donna”, di “Savoia”, di “aristocratica” e sopratutto di “fascista”, a cancellare e far dimenticare le azioni di una donna che su molti fronti fu eccezionalmente “avanti” coi tempi?
Il lavoro qui svolto cerca innanzitutto di restituire alla storia – ed alla memoria storica contemporanea – il profilo di una figura che ricoprì nella sua epoca un ruolo da assoluta protagonista sui suoi caotici palcoscenici: Elena d’Aosta.
Partendo da una breve ma precisa analisi del contesto storico (1870-1918) e dei luoghi “vissuti” dalla duchessa Elena, si passa a tracciare anno per anno, fatto dopo fatto, tutto ciò che la principessa d’Orléans, andata in sposa al duca d’Aosta, condottiero della famosa III Armata, «ha dato all’altro» e alla società di cui faceva parte, e non si contano – anche per la sua discrezione ed umiltà nell’agire – gli “oggetti” da descrivere. Elena fu infatti una donna attivissima nella sua epoca, nonostante soffrisse di una forma di tubercolosi partecipò, come infermiera volontaria della Croce Rossa (prima volta per le donne italiane), prima al duro conflitto italo-turco in Libia (1911-1912) e poi, in qualità di Ispettrice Generale della Cri, alla Grande Guerra, destando stupore e sconcerto per i rischi corsi ed il rigore e la disciplina imposte alle volontarie e negli ospedali militari e civili. La si ritrova ad aiutare e rendersi utile al prossimo nel Cottolengo di Torino, fra le strade di Napoli durante la spaventosa eruzione vesuviana del 1906, in Calabria e Reggio durante il terribile terremoto del 1908, nel primo dopoguerra istituendo l’ONAIR (Opera Nazionale Assistenza Italia Redenta); di nuovo durante la seconda guerra mondiale, ormai anziana e vedova, a soccorrere malati, poveri, sfollati, mutilati, nei vicoli e negli ospedali di Napoli, dove visse gran parte della sua vita. Elena d’Aosta, «eterna camminante», fu anche un’instancabile viaggiatrice: il suo grande rifugio dalla civiltà delle macchine fu l’Africa.
Scandagliando pagina per pagina, riflessione dopo riflessione, i suoi intensi diari di viaggio, veniamo in contatto con un universo altro di straordinario interesse naturalistico, storico ed antropologico; unica costante della sua penna: la voglia di conoscere, di sperimentare, di vedere e toccare con mano il mondo e la realtà di questo sterminato continente in parte vergine ed in parte già “corrotto” e “trasformato” dai colonizzatori europei. Voglia di conoscere e di amare l’altro, poiché Elena con una solida formazione umanistica alle spalle e – nonostante l’ideologia che questa si portava dietro – seppe davvero avvicinarsi agli africani e apprezzarne – in un continuo meravigliarsi – le bellezze, le infinite risorse e le culture altre (ne imparò ad esempio la lingua e vi adottò due dei suoi “figli” portandoseli a Capodimonte).
Infermiera, ispettrice, presidente, membro del CNDI (Consiglio Nazionale delle Donne Italiane), di sangue e cultura europei, ella si fece italiana sotto le bombe e a ridosso delle trincee, meritandosi sul campo di battaglia, come i due figli ed il marito, medaglie ed onori militari. Famiglia di soldati ed eroi la sua, gli Aosta, Elena dovette affrontare la morte dei suoi cari: prima del marito e poi, dolore indicibile per una madre, quella di entrambi i bellissimi e valorosi figli Amedeo ed Aimone. A più di sessant’anni la tenace duchessa attraversò il Sahara con una propria carovana lungo un itinerario da sud a nord da lei stessa tracciato: vera e propria impresa umana, e quando tornò a Napoli, si prodigò ancora in opere di pietà private e minute e qualcheduna pubblica, come testimonia il tuttora funzionante Piccolo Cottolengo di Don Orione. Eppure sui libri di storia – anche accademici – o fra i nomi di donne “impegnate”, spesso non c’è il suo nome o è ricordato superficialmente e senza quei criteri di «significato» e «verità storica» di crociana memoria. Bastano le etichette di “donna”, di “Savoia”, di “aristocratica” e sopratutto di “fascista”, a cancellare e far dimenticare le azioni di una donna che su molti fronti fu eccezionalmente “avanti” coi tempi?