Author: | Leone Tettoni | ISBN: | 1230000284063 |
Publisher: | MILANO COI TIPI DI CLAUDIO WILMANT | Publication: | December 5, 2014 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Leone Tettoni |
ISBN: | 1230000284063 |
Publisher: | MILANO COI TIPI DI CLAUDIO WILMANT |
Publication: | December 5, 2014 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
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PRIMA RIVOLUZIONE DI MILANO.
Dalle tombe levarono il venerabile capo gli eroi della Tassera e di Legnano, insusurrarono misteriose parole, sparsero un alito di fuoco e di vita, e la moderna Milano, la Sibari dell’Italia, la città degli agi e delle feste, delle mollezze e dei piaceri, la città che trentatrè anni di sempre vigile e sempre artificiosa corruzione, sembrava l’avessero snervata, imbastardita per sempre, questa città si trovò all’improvviso trasformata in una palestra di eroi.
Bianchi-Giovini.
I fatti che sto per narrare non richiedono poesia, non esaltazione, ma purità di stile senza ricercatezza; e quindi con anima schietta e corrucciata, e colla più santa verità ricordo a’ miei amati fratelli d’Italia cose orrende, non credibili al nostro secolo, non credibili all’intera Europa, e tali che desteranno sul Tedesco l’esacrazione universale. Le epoche in cui la nostra Lombardia ricorda i nomi di Attila, di Uraja, di Federico Barbarossa e delle barbare soldatesche Scile, Unne, Gote, Visigote, Ostrogote e Borgognone, sono epoche troppo felici messe a riscontro dei trentaquattr’anni della ultima dominazione austriaca su questa bella parte d’Italia; e gli storici che con orrore ci tramandarono i fatti d’allora, certo sarebbero d’opinione diversa, chiamando orde barbariche i Tedeschi del secolo XIX, ed Eroi quelle nordiche legioni dei primi tempi della bella Milano!
Il frequente soggiorno degli imperatori in questa città, e particolarmente di Massimiano Erculeo, le donò lustro, ricchezze e magnificenza, ciò che formò la sua rovina: mentre i Barbari del Settentrione, che a torme calavano a devastar l’impero di Roma, allettati da sì belle pompe le si avventarono addosso furiosamente e la resero infelice per più secoli.
Milano diede già il suo nome ad uno dei più ragguardevoli ducati d’Europa. Questo paese, abitato in antico dagli Insubri, fu sottomesso ai Romani l’anno 221 avanti Cristo, e passò quindi nell’anno 568 dell’era nostra, insieme colle provincie vicine, sotto alla dominazione dei Longobardi. Lo Stato di Milano con gran parte dell’Italia cominciò allora a riaversi dal suo abbattimento e a respirare dai lunghi mali onde in parte era lacerato. I Longobardi del Settentrione coi loro figli e le loro donne scesero tra noi, e fugati o distrutti gli altri Barbari, formarono un nuovo regno, dove, per le savie leggi in uso presso quelle genti crebbe e si rinvigorì la popolazione pressochè distrutta, e le campagne da prima coperte di squallore e deserte, ritornarono a rifiorire tra le speranze del laborioso agricoltore; regno in fine, al dir degli storici, il più felice che paragonar si potesse alla favolosa età dell’oro. Sede dei re longobardi fu Pavia.
L’ambizione e la diffidenza di alcuni pontefici, a cui dovette l’Italia gran parte delle sue ruine, come ci lasciò scritto Macchiavello, spinse i Francesi sotto Carlo Magno a scendere in questa provincia, e con la disfatta di Desiderio ultimo re de’ Longobardi, a stabilirvi il regno dei Franchi. Pipino, primogenito di Carlo Magno, ebbe questa provincia con titolo di regno d’Italia.
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PRIMA RIVOLUZIONE DI MILANO.
Dalle tombe levarono il venerabile capo gli eroi della Tassera e di Legnano, insusurrarono misteriose parole, sparsero un alito di fuoco e di vita, e la moderna Milano, la Sibari dell’Italia, la città degli agi e delle feste, delle mollezze e dei piaceri, la città che trentatrè anni di sempre vigile e sempre artificiosa corruzione, sembrava l’avessero snervata, imbastardita per sempre, questa città si trovò all’improvviso trasformata in una palestra di eroi.
Bianchi-Giovini.
I fatti che sto per narrare non richiedono poesia, non esaltazione, ma purità di stile senza ricercatezza; e quindi con anima schietta e corrucciata, e colla più santa verità ricordo a’ miei amati fratelli d’Italia cose orrende, non credibili al nostro secolo, non credibili all’intera Europa, e tali che desteranno sul Tedesco l’esacrazione universale. Le epoche in cui la nostra Lombardia ricorda i nomi di Attila, di Uraja, di Federico Barbarossa e delle barbare soldatesche Scile, Unne, Gote, Visigote, Ostrogote e Borgognone, sono epoche troppo felici messe a riscontro dei trentaquattr’anni della ultima dominazione austriaca su questa bella parte d’Italia; e gli storici che con orrore ci tramandarono i fatti d’allora, certo sarebbero d’opinione diversa, chiamando orde barbariche i Tedeschi del secolo XIX, ed Eroi quelle nordiche legioni dei primi tempi della bella Milano!
Il frequente soggiorno degli imperatori in questa città, e particolarmente di Massimiano Erculeo, le donò lustro, ricchezze e magnificenza, ciò che formò la sua rovina: mentre i Barbari del Settentrione, che a torme calavano a devastar l’impero di Roma, allettati da sì belle pompe le si avventarono addosso furiosamente e la resero infelice per più secoli.
Milano diede già il suo nome ad uno dei più ragguardevoli ducati d’Europa. Questo paese, abitato in antico dagli Insubri, fu sottomesso ai Romani l’anno 221 avanti Cristo, e passò quindi nell’anno 568 dell’era nostra, insieme colle provincie vicine, sotto alla dominazione dei Longobardi. Lo Stato di Milano con gran parte dell’Italia cominciò allora a riaversi dal suo abbattimento e a respirare dai lunghi mali onde in parte era lacerato. I Longobardi del Settentrione coi loro figli e le loro donne scesero tra noi, e fugati o distrutti gli altri Barbari, formarono un nuovo regno, dove, per le savie leggi in uso presso quelle genti crebbe e si rinvigorì la popolazione pressochè distrutta, e le campagne da prima coperte di squallore e deserte, ritornarono a rifiorire tra le speranze del laborioso agricoltore; regno in fine, al dir degli storici, il più felice che paragonar si potesse alla favolosa età dell’oro. Sede dei re longobardi fu Pavia.
L’ambizione e la diffidenza di alcuni pontefici, a cui dovette l’Italia gran parte delle sue ruine, come ci lasciò scritto Macchiavello, spinse i Francesi sotto Carlo Magno a scendere in questa provincia, e con la disfatta di Desiderio ultimo re de’ Longobardi, a stabilirvi il regno dei Franchi. Pipino, primogenito di Carlo Magno, ebbe questa provincia con titolo di regno d’Italia.
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