Author: | Pierluigi Romeo di Colloredo Mels | ISBN: | 9788893274975 |
Publisher: | Luca Cristini Editore | Publication: | August 22, 2019 |
Imprint: | E SPS-056 | Language: | Italian |
Author: | Pierluigi Romeo di Colloredo Mels |
ISBN: | 9788893274975 |
Publisher: | Luca Cristini Editore |
Publication: | August 22, 2019 |
Imprint: | E SPS-056 |
Language: | Italian |
E’ poco ricordato, ma l’occupazione e le operazioni controguerriglia in Balcania, come erano ufficialmente designati i territori ex jugoslavi, costituì indubbiamente il più importante sforzo bellico del Regio Esercito nella Seconda Guerra Mondiale: 24 divisioni e tre brigate costiere svolsero compiti di occupazione e di con-troinsorgenza in Balcania: per confronto nel 1940, in Libia c’erano 14 divisioni, nella terza battaglia di El Alamein dell’ottobre 1942 otto divisioni, quattordici sul fronte greco-albanese erano schierate 14 divisioni; l’Armata Italiana in Russia inquadrava 10 divisioni. Il fronte balcanico fu il più difficile, caratterizzato da una guerra asimmetrica fatta di continue imboscate, rastrellamenti, stragi, massacri da una parte e dall’altra, fucilazioni, internamenti nei campi per civili come Arbe e Gonars, nel quadro più vasto di una feroce guerra civile di tutti contro tutti: comunisti di Tito, ustasha di Ante Pavelich, cetnici serbi, domobrançi sloveni, lotta caratterizzata da massacri come quello dell’intero III battaglione del 259° Reggimento Murge a Prozor, atrocità anche verso le popolazioni civili in vere e proprie pulizie etniche culminate, per gli italiani, con le foibe e l’esodo di 350.000 istriani e giuliani e per gli jugoslavi con 1.072.000 morti. Eppure nell’estate 1943 la Balcania era l’unico fronte in cui le forze dell’Asse potessero vantare successi, dopo aver quasi messo fuori combattimento l’Esercito popolare di liberazione nel corso delle grandi offensive Weiss e Schwarz. che ripulirono la maggior parte del territorio dai partigiani. L’armistizio italiano del settembre 1943 cambiò radicalmente tutto, e Tito poté impadronirsi di armi e depositi ed occupare il territorio abbandonato dagli italiani. Ma questa è un’altra storia. Dopo aver trattato i contrastati rapporti italo- jugoslavi dalla fine della Grande Guerra al Patto di Belgrado, il terrorismo slavo al confine e l’appoggio italiano a quello ustasha con i campi di addestramento in Italia, si esamineranno la campagna dell’aprile 1941, l’occupazione e la lotta antipartigiana, divisione per divisione, il ruolo dei collaborazionisti della MVAC e dei domobrançi sloveni, il rapporto degli italiani con i cetnici e con gli ustasha, il salvataggio degli ebrei croati da parte della 2a Armata, i battaglioni CCNN Squadristi e la fasci-stizzazione della controguerriglia, ma anche l’ultima carica di cavalleria della storia militare a Poloj. Un esame approfondito al di là della criminalizzazione imposta dal regime jugoslavo ed ancora oggi ripresa da una sto-riografia smaccatamente di parte ma anche del mito opposto degli italiani brava gente. In appendice sono riportate la circolare sugli Usi e Convenzioni di Guerra del 3 febbraio 1940 e la citatissima quanto poco letta Circolare 3C emanata dal comando della 2a Armata nel 1942.
E’ poco ricordato, ma l’occupazione e le operazioni controguerriglia in Balcania, come erano ufficialmente designati i territori ex jugoslavi, costituì indubbiamente il più importante sforzo bellico del Regio Esercito nella Seconda Guerra Mondiale: 24 divisioni e tre brigate costiere svolsero compiti di occupazione e di con-troinsorgenza in Balcania: per confronto nel 1940, in Libia c’erano 14 divisioni, nella terza battaglia di El Alamein dell’ottobre 1942 otto divisioni, quattordici sul fronte greco-albanese erano schierate 14 divisioni; l’Armata Italiana in Russia inquadrava 10 divisioni. Il fronte balcanico fu il più difficile, caratterizzato da una guerra asimmetrica fatta di continue imboscate, rastrellamenti, stragi, massacri da una parte e dall’altra, fucilazioni, internamenti nei campi per civili come Arbe e Gonars, nel quadro più vasto di una feroce guerra civile di tutti contro tutti: comunisti di Tito, ustasha di Ante Pavelich, cetnici serbi, domobrançi sloveni, lotta caratterizzata da massacri come quello dell’intero III battaglione del 259° Reggimento Murge a Prozor, atrocità anche verso le popolazioni civili in vere e proprie pulizie etniche culminate, per gli italiani, con le foibe e l’esodo di 350.000 istriani e giuliani e per gli jugoslavi con 1.072.000 morti. Eppure nell’estate 1943 la Balcania era l’unico fronte in cui le forze dell’Asse potessero vantare successi, dopo aver quasi messo fuori combattimento l’Esercito popolare di liberazione nel corso delle grandi offensive Weiss e Schwarz. che ripulirono la maggior parte del territorio dai partigiani. L’armistizio italiano del settembre 1943 cambiò radicalmente tutto, e Tito poté impadronirsi di armi e depositi ed occupare il territorio abbandonato dagli italiani. Ma questa è un’altra storia. Dopo aver trattato i contrastati rapporti italo- jugoslavi dalla fine della Grande Guerra al Patto di Belgrado, il terrorismo slavo al confine e l’appoggio italiano a quello ustasha con i campi di addestramento in Italia, si esamineranno la campagna dell’aprile 1941, l’occupazione e la lotta antipartigiana, divisione per divisione, il ruolo dei collaborazionisti della MVAC e dei domobrançi sloveni, il rapporto degli italiani con i cetnici e con gli ustasha, il salvataggio degli ebrei croati da parte della 2a Armata, i battaglioni CCNN Squadristi e la fasci-stizzazione della controguerriglia, ma anche l’ultima carica di cavalleria della storia militare a Poloj. Un esame approfondito al di là della criminalizzazione imposta dal regime jugoslavo ed ancora oggi ripresa da una sto-riografia smaccatamente di parte ma anche del mito opposto degli italiani brava gente. In appendice sono riportate la circolare sugli Usi e Convenzioni di Guerra del 3 febbraio 1940 e la citatissima quanto poco letta Circolare 3C emanata dal comando della 2a Armata nel 1942.