Author: | Vincenza Perdichizzi, Arnaldo Di Benedetto | ISBN: | 9788869731006 |
Publisher: | Salerno Editrice | Publication: | July 29, 2015 |
Imprint: | Salerno Editrice | Language: | Italian |
Author: | Vincenza Perdichizzi, Arnaldo Di Benedetto |
ISBN: | 9788869731006 |
Publisher: | Salerno Editrice |
Publication: | July 29, 2015 |
Imprint: | Salerno Editrice |
Language: | Italian |
Di formazione internazionale, Vittorio Alfieri fu uno dei massimi poeti e intellettuali europei della fine del XVIII secolo, e il suo valore fu ampiamente riconosciuto in Europa tra Sette e Ottocento. Goethe fece tradurre e rappresentare a due riprese il suo capolavoro: Saul (opera, scrisse Sismondi, «completamente diversa da tutte le altre tragedie d’Alfieri»). Pushkin riecheggiò un luogo del Filippo in una sua lirica, e citò un passo di Del Principe e delle Lettere in una lettera scritta in difesa d’un decabrista. Byron e Landor videro in lui un modello di scrittura teatrale. La Vita, ancora apprezzata da Aldous Huxley, è la piú bella autobiografia scritta in lingua italiana nel Settecento: «piedestallo che il grande tragico predispose per farvi collocare la sua statua», scrisse Eugenio Montale. E un eccellente documento diaristico è il suo Giornale. La sua carriera intellettuale e artistica è inseparabile dal contesto culturale e politico europeo: la svolta post-illuminista; l’innovativo, radicale, e al suo interno variamente orientato, neoclassicismo; gli scuotimenti politici che agitarono il Vecchio continente; la formazione delle ideologie nazionaliste. Se hanno perso attualità le sue scelte politiche, i suoi atteggiamenti profetici, la sua stessa poetica, resta viva la sua non facile poesia. Gli autori tratteggiano l’opera alfieriana senza tralasciare gli scritti minori. Indagano il rapporto con i modelli antichi e con gl’interlocutori contemporanei anche attraverso il ricorso agli scritti teorici del poeta e alle carte del suo laboratorio, che permettono di ricostruirne la genesi e la travagliata elaborazione.
Di formazione internazionale, Vittorio Alfieri fu uno dei massimi poeti e intellettuali europei della fine del XVIII secolo, e il suo valore fu ampiamente riconosciuto in Europa tra Sette e Ottocento. Goethe fece tradurre e rappresentare a due riprese il suo capolavoro: Saul (opera, scrisse Sismondi, «completamente diversa da tutte le altre tragedie d’Alfieri»). Pushkin riecheggiò un luogo del Filippo in una sua lirica, e citò un passo di Del Principe e delle Lettere in una lettera scritta in difesa d’un decabrista. Byron e Landor videro in lui un modello di scrittura teatrale. La Vita, ancora apprezzata da Aldous Huxley, è la piú bella autobiografia scritta in lingua italiana nel Settecento: «piedestallo che il grande tragico predispose per farvi collocare la sua statua», scrisse Eugenio Montale. E un eccellente documento diaristico è il suo Giornale. La sua carriera intellettuale e artistica è inseparabile dal contesto culturale e politico europeo: la svolta post-illuminista; l’innovativo, radicale, e al suo interno variamente orientato, neoclassicismo; gli scuotimenti politici che agitarono il Vecchio continente; la formazione delle ideologie nazionaliste. Se hanno perso attualità le sue scelte politiche, i suoi atteggiamenti profetici, la sua stessa poetica, resta viva la sua non facile poesia. Gli autori tratteggiano l’opera alfieriana senza tralasciare gli scritti minori. Indagano il rapporto con i modelli antichi e con gl’interlocutori contemporanei anche attraverso il ricorso agli scritti teorici del poeta e alle carte del suo laboratorio, che permettono di ricostruirne la genesi e la travagliata elaborazione.